Vai al contenuto
Ultim'ora

Malati di tumore, chi specula sulle liste d’attesa. La denuncia di Gabanelli: “Ecco come funziona veramente”

Pubblicato: 26/11/2024 15:25
liste d'attesa

L’ultima inchiesta di Milena Gabanelli per la Data Room del Corriere è incredibile. Ha a che fare con i malati di tumore e il sistema marcio delle liste d’attesa. Gabanelli parte così: “Proviamo a metterci nei panni di una persona a cui è stato diagnosticato un problema oncologico: il primo desiderio è quello di liberarsi dell’ospite malevolo entrando il più in fretta possibile in sala operatoria”. Ma per migliorare gli esiti clinici è decisivo non far passare troppo tempo e, quindi, l’accesso alle visite e agli esami preoperatori deve essere tempestivo. E qui arriviamo alla solita differenza che ormai caratterizza l’accesso alle cure e ai servizi sanitari del nostro sistema nazionale: qual è la differenza tra chi può pagare e chi no? Gabanelli snocciola i dati: “In Italia, ogni anno, oltre 55mila donne si operano di tumore al seno nelle strutture pubbliche e in quelle private accreditate”. Chi può permetterei di pagare sia gli accertamenti medici sia l’intervento chirurgico ha una spesa media di circa 16.790 euro. E vediamoli questi costi.
Leggi anche: Pfizergate, i giudici inguaiano von der Leyen: la difesa non regge. Cosa emerge dall’udienza

Gabanelli si basa sulle tariffe di uno dei più importanti istituti oncologici milanesi riconosciuto anche a livello nazionale: ecografia 130 euro, mammografia 150, biopsia 460, visita oncologica 250, visita anestesista 250, visita chirurgica 250. Poi ci sono altri esami per valutare un’eventuale diffusione del tumore, come la Pet, che ha un costo di 1.300 euro”. Infine, i 14 mila euro per l’intervento chirurgico che facilmente possono raddoppiare a seconda del chirurgo. Se invece ci si dovesse affidare al Servizio Sanitario Nazionale? È quello che fa l’85% dei malati. Vediamo iter, tempi, costi e liste d’attesa: “Il 3% arriva all’intervento chirurgico con il Sistema sanitario nazionale dopo avere fatto tutte le visite e gli esami a pagamento: ingresso in sala operatoria dopo 32 giorni. Il 25% ha eseguito la fila di accertamenti passando dalle liste d’attesa senza tirare fuori un euro (la malattia oncologica prevede l’esenzione totale): ingresso in sala operatoria dopo 52 giorni. Il restante 72% ha fatto più della metà degli accertamenti a pagamento: operazione dopo 49 giorni; chi meno della metà, dopo 54 giorni”.

Chi può pagare, quindi, avrà un vantaggio in termini di tempo. Scrive Gabanelli: “Se andiamo a vedere cosa succede ai 41.408 pazienti di Milano che, nel 2022 e nel 2023, si sono sottoposti a un intervento chirurgico con il SSN per tumore, scopriamo che una prestazione su tre è erogata a pagamento (il 32%)”. Allora la domanda che si pone la giornalista è: chi guadagna sulle liste d’attesa persino dei malati di cancro? “Gli ospedali pubblici sono intasati ma, come previsto dalle regole d’ingaggio, i privati accreditati devono aiutarli ad accorciare le liste d’attesa, soprattutto quando si prendono in carico un paziente oncologico”. Facciamo due conti: “Quanto rimborsa il Servizio Sanitario nazionale a queste strutture per tutti gli accertamenti che precedono l’intervento? La tariffa di rimborso per l’ecografia è di 40 euro, per la mammografia 45, per la biopsia 38,50, per la visita oncologica dell’anestesista e chirurgica 22,50 euro ciascuna, per la Pet 1.082. Totale: 1.273 euro. Se tutti questi esami vengono effettuati a pagamento la struttura incassa 2.790 euro. Più del doppio”. E il gioco è fatto. Ma c’è di più, ahinoi.

visita fiscale

Spiega Gabanelli che la visita chirurgica specialistica viene fatta a pagamento nel 30,5% dei casi per i pazienti che vengono poi operati con il Sistema sanitario nazionale negli ospedali pubblici: chi guadagna dall’attività a pagamento è lo specialista che fa la libera professione (a cui va l’80% del valore della prestazione, mentre alla struttura pubblica il restante 20%). Invece la stessa visita chirurgica specialistica per chi poi si opera sempre con il Servizio sanitario nazionale, ma nel privato accreditato, viene eseguita a pagamento nel 53 per cento dei casi: a guadagnarci in questo caso è la struttura privata accreditata che poi può riconoscere una percentuale al medico. La conclusione di Gabanelli è amarissima: “Speculare sulla fragilità di un paziente oncologico è deprecabile, ma tant’è“.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2024 16:32

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure