La recente offerta pubblica di scambio da oltre 10 miliardi di euro avanzata da UniCredit per acquisire Banco BPM ha scatenato reazioni politiche che rischiano di trasformare un’operazione di mercato in una battaglia ideologica. Di fronte a questa vicenda, emerge con chiarezza un tema centrale: l’Italia ha bisogno di un mercato bancario competitivo e moderno, non di vecchie ingerenze politiche.
UniCredit e Banco BPM non stanno scrivendo una pagina di storia politica, ma economica. Il consolidamento del settore bancario italiano è un processo naturale, persino necessario, in un’epoca in cui i mercati finanziari richiedono istituti solidi, capaci di competere su scala globale. Pensare di frenare questa evoluzione con prese di posizione ideologiche o, peggio, con interventi dirigisti, significa tornare a un passato che ci ha già dimostrato i suoi limiti.
La politica, tra vecchie nostalgie e il rischio di fare danni
Colpisce, in questo contesto, la posizione di chi, come Matteo Salvini, non perde occasione per agitare lo spettro di presunti pericoli nazionali legati a questa operazione. Si evoca un fantomatico “rischio per il sistema”, si chiamano in causa la Banca d’Italia e lo Stato, ma non si capisce a quale scopo. Salvini sembra dimenticare che le banche non sono uffici pubblici né roccaforti elettorali da tutelare. Sono imprese, e come tali devono rispondere alle logiche di mercato, non alle esigenze di propaganda di un vicepremier in perenne campagna elettorale.
Interventi che mirano a politicizzare l’autonomia della Banca d’Italia o a interferire con operazioni di mercato inviano un messaggio pericoloso: l’Italia non è un paese affidabile per gli investitori. Salvini, con le sue sparate, alimenta il sospetto che il governo voglia tornare a un controllo centralizzato delle banche, soffocando l’innovazione e spaventando i capitali internazionali.
Il rischio di frenare il futuro
È evidente che chi ostacola l’operazione UniCredit-Banco BPM non ha compreso che il futuro del sistema bancario passa necessariamente per il consolidamento. Non è un caso che in tutta Europa si assista a fusioni e acquisizioni di questo tipo: dimensioni più grandi significano maggiore competitività, accesso al credito più solido e capacità di resistere alle crisi globali.
Bloccare o ostacolare simili operazioni significa condannare il sistema bancario italiano alla marginalità. Significa non capire che l’unico modo per salvare davvero il tessuto economico del nostro paese è creare banche forti, non piccoli istituti fragili che devono ricorrere continuamente all’intervento pubblico per salvarsi.
Il libero mercato è la risposta
UniCredit e Banco BPM devono poter agire in un mercato libero, regolamentato ma non oppresso da logiche politiche. Solo così il nostro sistema bancario potrà crescere, e con esso tutto il paese. I tentativi di Salvini e di altri esponenti del governo di trasformare una questione economica in una battaglia politica non solo sono fuori luogo, ma rischiano di danneggiare l’immagine dell’Italia a livello internazionale.
Lascino fare al mercato. Per una volta, si fermino. Non perché “lo dice l’Europa”, non perché “lo chiedono gli investitori”, ma perché è semplicemente la scelta giusta. È tempo di guardare al futuro, e non al passato. E chi insiste nel fare il contrario porta una responsabilità enorme, di cui il paese non ha davvero bisogno.