La vita di Francesca Ghio, 31 anni, madre di una bambina di un anno, ha subito un cambiamento radicale dopo aver assunto il ruolo di consigliera comunale con la lista Rossoverde, in seguito alla sua esperienza come portavoce di Fridays for Future. Da martedì, però, tutto è diverso.
Questa volta, è stata una scelta consapevole, contrariamente a quanto accaduto quando, a dodici anni, subì violenza da un amico di famiglia. Francesca ha deciso di condividere la sua storia, inserendola in un contesto caratterizzato da rivendicazioni e battaglie delle donne contro una cultura patriarcale ancora profondamente radicata nella società italiana. “A 12 anni sono stata stuprata” sono state le sue prime parole nell’aula silenziosa del consiglio comunale di Genova martedì pomeriggio.
La sua denuncia ha riscosso grande attenzione nazionale. Ha rifiutato interviste con trasmissioni televisive molto popolari come “Pomeriggio Cinque” e “Porta a porta”, ma ha accettato di incontrare la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, che l’ha contattata la sera precedente tramite la sua segreteria. Dalla sintesi che Francesca ha condiviso sul suo profilo Instagram, risulta che il colloquio non è stato semplice per entrambe.
«Se avessi seguito la motivazione della sua telefonata, probabilmente sarebbe durato pochi secondi – ha scritto in un post – giusto il tempo di ricevere i suoi complimenti per il coraggio e il supporto che mi ha manifestato».
Dopo la sua denuncia, la procura di Genova ha avviato un’inchiesta. Questa mattina, Ghio ha incontrato il suo legale Michele Ispodamia, al quale ha rivelato l’intenzione di raccontare ogni aspetto della sua esperienza, compresi tempi, luoghi e persone coinvolte.
Il coraggio per compiere questo passo, come ha affermato, l’ha trovato nel dramma di Giulia Cecchettin e nelle discussioni, o meglio nella rivolta culturale, che ha scosso il paese dopo il suo omicidio e le dichiarazioni della sorella e del padre.
Ghio sembra aver trovato ispirazione anche in un’altra donna che è riuscita a trasformare le umiliazioni subite in una lotta per il genere: Gisele Pelicot, una francese che ha denunciato l’ex marito, responsabile di averla drogata e venduta a numerosi uomini. Francesca ha condiviso una foto di Gisele mentre entra in tribunale, accolto da manifesti di gratitudine.
Fedele alla battaglia che ha preso piede in tutta Italia, Francesca ha affrontato la telefonata con Giorgia Meloni senza alcun cedimento.
«Buonasera Presidente – ha scritto nel suo post – Sono Francesca e se ho perso la mia vita a 12 anni, è anche per colpa di persone come lei, che, pur avendo il potere di cambiare le cose, scelgono di voltarsi dall’altra parte. Trovando sempre un capro espiatorio per evitare di assumersi la responsabilità, addossando a un singolo le colpe per non affrontare il problema, nascondendolo sotto un velo di parole retoriche. “Sono figli sani di un sistema malato” non è solo un motto, ma un fatto reale. Quando le soluzioni esistono, serve la volontà politica per metterle in atto. Non farlo è una posizione chiara. Cara presidente Meloni, apprezzo la vostra solidarietà, ma se ho deciso di parlare, non è per cercare supporto morale. Io ho una morale ben salda e le mie lacrime sono suffragate dalle mie sorelle. Ho deciso di parlare, perché voglio porre fine a questo dolore. Non voglio che nessun altro debba subirne».
Meloni le ha risposto: «Sono madre». E Francesca ha replicato: «Lo sono anch’io e lotto per mia figlia e per la sua. Per i figli e le figlie di tutti noi. Per evitare che ci sia altro dolore evitabile. Dire a me, a Gino (padre di Giulia, vittima dell’ex fidanzato Filippo Turetta, ndr.), e a Chiara, che vi dispiace, serve solo a voi per sentirvi a posto con ciò che avete fatto o non fatto. Noi vogliamo un cambiamento».
Ghio ha poi elencato una serie di misure necessarie per educare le nuove generazioni: «Vogliamo che l’educazione affettiva e sessuale, così come quella sui sentimenti e il consenso, venga insegnata in tutte le scuole del paese, per i bambini e le bambine di oggi. Per dare loro strumenti di consapevolezza e amore. Se davvero ha ricevuto il mio messaggio, Presidente Meloni, lo dimostri con un’azione politica incisiva. È sia una responsabilità che un privilegio utilizzare la politica per affrontare i problemi. Le parole ora suonano vuote, come la oscurità che ho attraversato».
Conclude citando una frase ripetuta nelle manifestazioni di “Non una di meno”, il 23 e 25 novembre, quando donne di ogni età si sono unite per protestare contro la violenza di genere: «Noi siamo la voce forte e decisa di tutte quelle persone che non possono più parlare».