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Processo Turetta, l’avvocato di Filippo stringe la mano a Gino Cecchettin: “Il mio lavoro non è facile”

Pubblicato: 03/12/2024 13:16

Il prossimo 18 dicembre Filippo Turetta compirà 23 anni. Per quella data saprà qual è la sua sentenza. Il verdetto della Corte d’Assise di Venezia arriva oggi, martedì 3 dicembre. I giudici decideranno il suo destino. Il giovane è accusato di omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere. È detenuto nel carcere di Montorio dal 25 novembre, quasi un anno dopo aver confessato il delitto dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin.

L’avvocato di Filippo Turetta stringe la mano a Gino Cecchettin

Presente in aula Filippo Turetta, così come Gino Cecchettin, il padre di Giulia. L’udienza si è aperta con un gesto significativo: Giovanni Caruso, difensore del giovane imputato, ha stretto la mano a papà Gino, un tentativo di smorzare le polemiche nate in seguito alla sua arringa, che aveva offeso il genitore. Lo stesso gesto è stato replicato con la nonna di Giulia, la signora Carla Gatto. Caruso ha accompagnato la stretta di mano con parole sussurrate: «La capisco umanamente, ma il mio lavoro non è facile». Un momento di tensione e umanità che ha segnato l’ultimo atto processuale.

avvocato Turetta mano Cecchettin


La Corte d’Assise di Venezia è entrata in camera di consiglio per discutere e deliberare la sentenza per il 23enne Turetta.L’udienza, la quinta, prevedeva inizialmente le repliche del Pm, delle parti civili all’arringa della difesa e l’eventuale controreplica, che però non ci sono state. Il presidente Stefano Manduzio ha quindi dichiarato chiusa la fase dibattimentale per l’entrata in camera di consiglio.
Leggi anche: Turetta, quelle lettere terribili a Giulia: “Ti lascerò libera”

In una lettera dal carcere, Turetta ha espresso il suo pentimento: «Non ho mai chiesto scusa perché nessuno può perdonarmi. Le scuse sembrano piccole di fronte al dolore che ho causato. Quello che ho fatto è terribile e grave». Le sue parole, intrise di rammarico, non possono però cancellare l’orrore di quanto accaduto l’11 novembre 2023.

“Pensare al perdono è ridicolo e fuori luogo”

Turetta ha spiegato il motivo per cui non chiede perdono: «Pensare al perdono adesso sarebbe ridicolo e fuori luogo. Anche se qualcuno lo concedesse, sarebbe falso e superficiale». Ha riconosciuto che «servirebbe molto tempo per aprire un discorso su questo tema». Nelle sue lettere non nomina mai Giulia, ma il peso delle sue azioni emerge chiaramente: «Mi dispiace infinitamente per tutto quello che ho fatto».

“Un rapporto tossico e ossessivo” con Giulia

Il rapporto con Giulia Cecchettin era diventato un legame malato, segnato da manipolazione e ricatti emotivi. Pochi giorni prima del delitto, Turetta scriveva: «O lei o niente». Non riusciva a immaginare un futuro senza di lei. Quando Giulia ha deciso di troncare la relazione, la frustrazione e il senso di possesso hanno prevalso. Turetta ha ammesso: «Mi sembrava ingiusto che io soffrissi mentre lei poteva continuare a vivere normalmente. Ho pensato di toglierle la vita».

La vita in carcere

A Montorio, Turetta vive in una sezione protetta, riservata ai detenuti accusati di violenze di genere. Condivide una cella, segue un corso di inglese, frequenta la palestra e partecipa ad attività musicali. Ha iniziato un percorso di riflessione, ma il cammino verso la consapevolezza appare lungo e doloroso.

Domani, davanti alla Corte d’Assise di Venezia, sarà presente in aula per ascoltare la sentenza. Rischia l’ergastolo.

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