Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchetin, uccisa con 75 coltellate. A poco più da un anno dal femminicidio dell’11 novembre 2023, la corte d’Assise di Venezia ha stabilito la responsabilità del reo confesso, sottolineando la presenza delle aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dello stalking. Una decisione arrivata al termine di un acceso dibattito, con la difesa che chiedeva invece di non condannare un giovane a una pena così dura. I giudici sono entrati in camera di consiglio poco prima delle 10 annunciando la sentenza attorno alle 15.
Leggi anche_: Giovanni Allevi e le sue condizioni di salute: “Non voglio darla vinta al dolore. Per ora siamo pari”
Per la difesa, rappresentata dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, l’ergastolo era “inumano”, per l’accusa inveceera l’unica condanna possibile per chi ha architettato di uccidere e nascondere la vittima, e poi di fuggire. Per la pubblica accusa, il delitto è “l’ultimo atto del controllo” esercitato sull’ex fidanzata, laureanda in Ingegneria biomedica. L’azione dell’imputato è “manipolatoria”: incalza la compagna di studi, gioca sui sensi di colpa, invia decine e decine di messaggi al giorno alla coetanea, minaccia il suicidio come forma di “ricatto”.
Nel rapporto altalenante – iniziato nel gennaio 2022 e chiuso a fine luglio 2023 – l’interesse era diventato via via un’ossessione. Cecchettin “già ad ottobre del 2022 dichiara di avere paura, lo ribadisce a ottobre 2023 in un messaggio: ‘mi spaventi, tu ti comporti come uno psicopatico, inizi a farmi paura’”, ha spiegato l’accusa. Turetta che “aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere” aveva deciso di uccidere, come ha ricostruito lui stesso tra diversi “non so” durante le sei ore di interrogatorio in aula.
Almeno quattro giorni prima dell’omicidio si era anche appuntato ciò di cui ha bisogno: coltelli, nastro per legarla e impedirle di urlare, cartine stradali per la fuga, contanti per evitare di essere rintracciato, sacchi neri. Di fronte all’ennesimo rifiuto di tornare insieme, aveva deciso di passare all’azione. A Vigonovo (Padova), in un parcheggio a 150 metri da casa Cecchettin, aveva preso un coltello e iniziato a colpire.
Giulia era stata poi abbandonata a cento chilometri da casa, vicino al lago di Barcis. Turetta aveva tentato la fuga in Germania, durata però soltanto pochi giorni.
Le parole amare di Gino Cecchettin: “Abbiamo perso come società civile”
Abbiamo perso tutti come società, non sono più sollevato o più triste rispetto a ieri, o a domani
Pensavo di rimanere impassibile ma davanti a una sentenza così penso che dovremmo fare di più come esseri umani: penso che la violenza di genere non si combatta con le pene. Come essere umano mi sento sconfitto: come papà non è cambiato nulla rispetto a ieri o rispetto a un anno fa.
La battaglia contro la violenza continua: si riparte con i messaggi di sempre, mi dedicherò alla fondazione ed al percorso che stiamo facendo con il comitato scientifico ed il comitato operativo.
Prima ero assolutamente impassibile, avrei accettato qualsiasi verdetto: ma nel momento in cui è arrivato ho capito che abbiamo perso tutti una battaglia, e parlo come cittadino.
Non siamo qui per onorare la memoria di Giulia, non è questa la sede. Non mi aspetto scuse, il mio percorso è un altro: oggi era una tappa dovuta per rispettare quelle regole che ci siamo dati come società civile, e ora si va avanti per non trovarci di nuovo qual con un altro papà, con un’altra giuria ed altri giornalisti.