L’Agenzia delle Entrate ha identificato circa 700mila partite IVA che hanno riportato incassi inferiori a 15mila euro all’anno, dichiarando anche cifre inferiori a quelle dei propri dipendenti o a quelle indicate come limiti minimi dal Fisco per il loro settore. In sintesi, queste partite IVA hanno registrato guadagni notevolmente inferiori rispetto alle stime previste dall’Agenzia.
Leggi anche: Da dove arrivano (davvero) le cozze che compriamo o mangiamo al ristorante
Ora l’ente ha inviato un messaggio chiaro: c’è ancora tempo per correggere la dichiarazione dei redditi, aggiungendo eventuali informazioni non incluse inizialmente, per evitare problematiche future. Inoltre, per prevenire controlli, è possibile aderire al concordato preventivo entro il 12 dicembre.
Le comunicazioni, inviate ieri, riguardano partite IVA che, secondo il Fisco, potrebbero essere considerate ‘finti poveri‘, in quanto le loro dichiarazioni risultano molto basse nonostante le loro condizioni economiche suggeriscano introiti più elevati. Sono stati presi in considerazione non solo gli importi dichiarati, sempre al di sotto di 15mila euro, ma anche le soglie di reddito minimo per il settore di appartenenza e i guadagni dei dipendenti.
Così si è formato un gruppo di circa 700mila contribuenti, parte dei due milioni che la scorsa settimana hanno ricevuto una prima comunicazione. In quel contesto, oltre 900mila partite IVA avevano già presentato dichiarazioni sotto i 15mila euro, molte delle quali presentano ulteriori irregolarità che hanno portato a questa seconda comunicazione.
Il messaggio principale dell’Agenzia delle Entrate è che c’è ancora tempo per integrare la dichiarazione dei redditi relativa al 2023. Questa azione consentirà di regolarizzare la situazione, pagando le tasse dovute con una piccola sanzione. Un’altra opzione è partecipare al concordato preventivo.
Tutte queste 700mila partite IVA non hanno aderito al concordato preventivo biennale, una misura introdotta dal governo per incoraggiare i lavoratori autonomi a raggiungere un accordo con il Fisco. Accettando di versare una somma prestabilita di tasse nel 2025 e 2026 (che per i sospettati di evasione sarà sicuramente più alta rispetto agli anni precedenti), si eviterebbero la maggior parte dei controlli.
Con il decreto fiscale approvato recentemente, è ufficialmente legge la proroga voluta dal governo Meloni, che consente di aderire al concordato fino al 12 dicembre. Maggiore è il numero di partite IVA che si avvicinano a questa opzione, maggiore sarà il budget a disposizione del governo per implementare un taglio temporaneo dell’Irpef.
Chi decide di aderire non solo evita i controlli per i due anni successivi, ma può anche accedere a una sanatoria per debiti pregressi. Questo ravvedimento speciale si applica agli anni fiscali dal 2018 al 2022 e permette di evitare il pagamento di interessi o sanzioni versando un importo minimo di mille euro per ciascun anno.