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La crisi siriana evidenzia un’area a fortissima instabilità ed ambiguità. Assad, dittatore siriano di una dinastia feroce che governava il paese con le armi chimiche, era il principale alleato in Medioriente della Russia, nel frattempo il pascia ottomano Erdogan amico a parole, e non solo, di Putin è uno dei fautori dell’avanzata vittoriosa dei ribelli compositi che hanno liquefatto il regime, se poi ci mettiamo a Nord i curdi, e l’Isis di Al – Jolani sembra un cocktail micidiale. Questa guerra tra bande avrà certamente una fazione perdente che sono gli alawiti, la parte siriana da cui proveniva la famiglia Assad, e si pensa produrrà una mole di profughi che scapperanno per evitare vendette e saccheggi. Ma l’ambiguità della Turchia dentro la Nato, ma furbamente e necessariamente amica della Russia, quanto potrà durare? Possiamo condannare la Romania e l’Ungheria di vicinanza ai russi e tenerci nella Nato, armandola e condividendo strategie militari, la Turchia? Tutto questo per mantenere delle basi più americane che Nato in Anatolia? Lo scenario Nato dalla guerra fredda ad oggi è mutato completamente e la Turchia con Erdogan pascià tutto assomiglia meno che ad una democrazia. Ma nella Nato gli autarchici ci possono stare? E cosa, in questo campo, differenzia Erdogan da Putin? Non attacca Ankara pure i curdi come Mosca gli ucraini?
Il vero dilemma è se l’alleanza è tra Paesi democratici o tout court, e chi decide chi può entrare, e contro chi. L’Ucraina di oggi è un paese democratico? Siamo certi di questo? La Nato del dopoguerra non c’è più, oggi c’è una dimensione burocratico militare ambigua che è più un apparato autoreferenziale che controlla appalti, che è il vero tema del futuro manifatturiero dopo il crollo dell’automotive.