Le autorità non abbandonano la pista suggerita dalla confessione di un sacerdote, il quale sostiene che la Angela Celentano scomparsa nel 1996 sul monte Faito sia stata allevata su un’isola in Turchia. Tuttavia, le richieste di assistenza legale non ricevono alcuna risposta.
Leggi anche: Sanremo via dalla Rai? Le parole di Pier Silvio Berlusconi
Siamo di nuovo al punto di partenza. La Turchia non collabora, costringendo la giudice italiana a firmare un nuovo atto: ulteriori 120 giorni di proroga per l’espletamento di indagini supplementari, come riportato dalla dottoressa Federica Colucci del Tribunale di Napoli. Altri quattro mesi di attesa «poiché – si legge nel provvedimento – nonostante le sollecitazioni del Ministero della Giustizia italiano, non è giunto nulla dalla Turchia».
Il caso di Angela Celentano si trasforma così in un vero e proprio braccio di ferro tra Italia e Turchia. Da un lato si richiedono chiarimenti tramite rogatoria, dall’altro non c’è alcuna risposta, costringendo la giudice a firmare proroghe su proroghe, in attesa che si possa finalmente ottenere qualche progresso.
Tutto ciò avviene 28 anni e mezzo dopo i fatti.
Leggi anche: Angela Celentano, la nuova pista è concreta: grandissima speranza (VIDEO)
Riviviamo quei momenti: il 10 agosto 1996, una bambina di 3 anni di nome Angela Celentano scompare dal Monte Faito. Poco prima, suo padre la vede vicino a sé, ma un attimo dopo non c’è più traccia di lei. Le ricerche sono intense, gli appelli disperati, ma nonostante le varie piste seguite, tutto si conclude nel nulla. Le indagini non portano a risultati, e col passare del tempo quella bambina diventa uno dei tanti casi irrisolti destinati a cadere nell’oblio.
Tuttavia, uno dei filoni di indagine rimane aperto e giunge fino al 2023, quando la dottoressa Colucci riceve una richiesta di archiviazione. Dopo aver esaminato la situazione, decide di non archiviare il caso e richiede nuove indagini su un ultimo spunto rimasto: una pista che conduce in Turchia, dove si presume che la bambina sia stata portata su un’isola e cresciuta (oggi, se esiste ancora, avrebbe 31 anni) da un uomo sconosciuto. Una cittadina italiana, Vincenza Trentinella, era stata informata da un sacerdote e, dopo un viaggio in Turchia e una foto della presunta Angela adulta, aveva avviato quella che è stata definita la “pista turca”.
Ritorniamo a un anno fa: la giudice Colucci decide di non archiviare. Le nuove indagini richiedono ulteriori chiarimenti tramite rogatoria, ma questi non arrivano. La Turchia continua a non collaborare. Così, a maggio 2024, la gip firma un’altra proroga di sei mesi, che scade a fine novembre. Recentemente, un rapido controllo ha rivelato che anche questa volta non ci sono state risposte dalla Turchia. Pertanto, ci troviamo di fronte a una nuova proroga, stavolta di 120 giorni, a partire dal 5 dicembre. Chi vivrà vedrà.