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“Fai Centro!” La gara (a destra e a sinistra) per occupare quello spazio vuoto

Pubblicato: 13/12/2024 14:12

I giornali, sia I giornalini che i giornaloni, sono pieni della parola centro. La gara è chi c’entra il centro. Le ipotesi in campo sono tante, i leader, più velleitari che leader, di più. E questo dibattito c’è sia a destra che a sinistra. Ma ci siamo chiesti perché? Perché c’è una platea di 24 mln, non migliaia, di astenuti che galleggia nel sommerso dell’elettorato italiano. E questo preoccupa, se non spaventa, l’attuale bipolarismo. In particolare sia la Schlein che la Meloni. A sinistra, of course, si è aperto il dibattito alla Nanni Moretti, con tutti i giornalisti e commentatori  auruspici che leggono più fondi di caffè che fondi di giornale, alcuni anche il volo degli uccelli se alzano il viso dallo smartphone.
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Perché preoccupazione? Perché e se domani, come cantava Mina, arrivasse, come nel sommerso depresso del 1993, un nuovo Berlusconi, un piccolo Musk, un Grillo più in forma e non l’ultimo alla Taffo, che succederebbe del bipolarismo femmineo di casa nostra? Per cui avanti con la ricerca del centrino perduto al centro del tavolo del biliardo, al centro del bar, al centro di Foligno. Praticamente il centro del mondo. A proposito di Foligno, in Umbria ha vinto una cattolica di centro, la sindaca di Assisi. E quindi via a considerazioni sublimi del millennio scorso quando Cossiga, che il centro lo abbia in gloria, apri il Mar rosso geopolitico italiano con il famoso trattino tra il centro e la sinistra.

E qua si può già spiegare il fallimento probabile delle ipotesi centriste alla destra del PD. In questo campo sia nel PD che i probabili alleati,  tranne il furbo di Rignano, è corsa a distinguersi, a mettere trattini, a sconfissero ipotesi di forza centrista da allevare eterodiretta dal Pd. Cioè il PD fa da utero in affitto, ma poi smentisce di aver partorito. Ovviamente tutta questa assurda e contorta palingenesi della sinistra serve per non spaccare il PD, forza ircocerva che ha un corpo moderato e una leadership di sinistra spinta. Basterebbe che questa contraddizione finisse civilmente,  si separassero, e questi due soggetti arriverebbero insieme al 40 %.

Ma la paura dei seggi, del cambiamento,  frena l’evoluzione politica, per cui per paura stanno insieme. La Meloni è quella, come sempre più pratica, non per niente siede a Chigi. Intanto nonostante abbia una narrazione per i gonzi alla Tolkien ed Evola, è una classica leader conservatrice come la Tatcher o la Merkel. Ai giornali dà in pasto Del Mastro o Donzelli, ma i posti chiave li da a Fitto e Crosetto, due democristianoni che non ha nemmeno Forza Italia, da cui provengono. Non solo, invece di pensare ad uteri in affitto, da cui da buona conservatrice è contraria, e dovrebbero esserlo pure i progressisti, visto il vile sfruttamento del corpo altrui, la Meloni come la Regina Elisabetta ha dato la patente di corsa a due ex ministri berlusconiani, Maurizio Lupi e Saverio Romano, che quatti quatti, con Noi Moderati, termine chiave, stanno aggregando persone e territori, all’antica, bloccando lo sviluppo ai chiacchieratori di centro nel campo avverso. Costoro chiederanno a Meloni strumenti,  visibilità in Rai, dove Lupi ormai è a reti unificate, e qualche sempre utile sottogoverno per convincere i territori, e quelli Meloni ce li ha, la Schlein e il campo larghetto no. Dove il centro non potrà crescere perché lì c’è un kamikaze pronto a sparare su tutti il bambino Carletto, quello della canzone di Pippo Baudo, il quale va dappertutto, ma solo per portarsi via il pallone e far fallire la festa come Jepp Gambardella.

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