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Piersanti Mattarella, a 45 anni dall’omicidio la svolta sui killer del fratello del Presidente della Repubblica

Pubblicato: 04/01/2025 11:30

A 45 anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella, allora presidente della Regione siciliana, emergono nuovi sviluppi giudiziari. Due persone legate a Cosa nostra sono state indagate come presunti sicari nell’agguato del 6 gennaio 1980 a Palermo. Piersanti Mattarella, fratello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fu assassinato davanti alla sua abitazione, in pieno giorno, mentre si trovava in auto con la moglie Irma Chiazzese.

Allievo di Aldo Moro, Mattarella era un politico atipico, lontano dagli stereotipi del notabile siciliano. Il suo programma di rinnovamento politico lo portò a scontrarsi con interessi consolidati. Per l’omicidio sono stati condannati i mandanti mafiosi, appartenenti alla Commissione di Cosa nostra, ma i sicari non sono mai stati individuati con certezza.

Il giorno dell’agguato

L’omicidio avvenne la mattina del 6 gennaio 1980. Un uomo armato si avvicinò al veicolo di Mattarella e aprì il fuoco, uccidendo il presidente e ferendo la moglie. Nonostante la descrizione fornita dai testimoni e un identikit stilato con l’aiuto della vedova, l’identificazione dell’assassino è rimasta incerta.

Le ipotesi di Falcone e i depistaggi

Il magistrato Giovanni Falcone, che indagò sul caso, evidenziò la matrice mafiosa del delitto ma ipotizzò anche un coinvolgimento del terrorismo nero. Questa pista si basava sull’utilizzo di un’arma impiegata in un altro omicidio di matrice neofascista. Ma il coinvolgimento di Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, figure di spicco dei Nuclei Armati Rivoluzionari, fu smentito da successive sentenze.

Le recenti rivelazioni raccolte dalla procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia e Marzia Sabella, sembrano rafforzare l’accusa contro i nuovi sospettati. Sebbene i dettagli restino coperti dal massimo riserbo, l’inchiesta potrebbe portare a un nuovo processo, che riaprirebbe una ferita ancora viva nella memoria collettiva.

Un contesto di convergenze politiche e mafiose

Collaboratori di giustizia come Francesco Marino Mannoia e Tommaso Buscetta hanno descritto l’assassinio di Mattarella come il risultato di interessi convergenti tra mafia e politica deviata. Falcone, intervenendo in Commissione antimafia nel 1990, definì il delitto come espressione di un intreccio di interessi di vasta portata, sottolineando il ruolo cruciale della famiglia Madonia, storicamente legata a Cosa nostra e ad apparati istituzionali corrotti.

L’omicidio di Piersanti Mattarella rimane uno dei più drammatici della storia italiana. Riaprire il caso potrebbe rappresentare non solo un passo verso la giustizia, ma anche un monito contro l’impunità che ha spesso caratterizzato episodi di violenza politica e mafiosa nel nostro Paese.

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