Roberto Vecchioni, cantautore e poeta, si confessa in una lunga intervista al Corriere della Sera, condividendo il dolore profondo per la perdita del figlio Arrigo e le sue riflessioni su temi complessi come la malattia mentale e la solitudine delle famiglie.
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Il dolore per Arrigo e il peso delle colpe
«Durante il giorno mi faccio forza, anche per mia moglie, ma qualche notte, quando Daria dorme, mi ritrovo a piangere», racconta Vecchioni, parlando del lutto che da oltre un anno segna la loro vita. Il cantautore ammette di non aver mai immaginato il suicidio come un possibile epilogo, aggiungendo: «La malattia mentale viene ancora affrontata come una vergogna; invece se ne deve parlare. Forse io e Daria scriveremo un libro». Riflettendo sul passato, Vecchioni non nasconde le proprie responsabilità: «Un tempo bevevo molto, soprattutto superalcolici. Lui soffriva nel vedere suo padre, una persona importante, distruggersi così. Anche io ho le mie colpe».
La lotta contro l’alcol e il supporto alle famiglie
Il cantautore racconta di aver smesso di bere da dieci anni: «L’alcol mi distraeva dai figli, ma ad Arrigo non è bastato. Non siamo riusciti a capirlo. Le forme bipolari sono aumentate con il Covid, lo stravolgimento dei rapporti umani ha aggravato il tutto e l’assistenza sanitaria è gravemente insufficiente. Troppe famiglie vengono lasciate sole. È una battaglia che io e mia moglie vogliamo combattere».
Infine, parlando della moglie, Vecchioni si illumina: «Quando la vidi pensai: ma davvero esiste una creatura così? Non avevo mai visto una donna tanto bella in vita mia. La chiamai, le chiesi di uscire. Fu un corteggiamento lungo, una battaglia. Ma sapevo che era la mia compagna». E conclude con gratitudine: «Daria mi ha salvato la vita, tante volte».