
Un ragazzo ghanese di 26 anni ha trovato rifugio a Udine dopo anni di sofferenza. La sua storia comincia in un orfanotrofio, dove cresce giocando a pallone. A 14 anni un allenatore lo nota e lo porta in Malesia, promettendogli un futuro da calciatore. Ma il sogno si trasforma in incubo.
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In Malesia gioca poco e lavora in un ristorante senza stipendio. Un malore lo costringe a fermarsi. Cerca aiuto e scappa con un amico verso l’ambasciata. Tornano insieme in Ghana, ma li aspettano uomini di un’organizzazione che lo sequestrano.
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Torture e reclusione
Il giovane racconta di torture, violenze e minacce. Gli sfruttatori lo rinchiudono in una casa con un ex compagno, ferito e terrorizzato. L’amico muore per un’infezione dopo mesi di agonia. I trafficanti decidono di spedirlo in Sudafrica per un torneo.
Nel 2017 arriva in Europa con la promessa di un contratto. Non riceve denaro e sopravvive raccogliendo bottiglie. Con l’aiuto di un’amica riesce a comprare un biglietto per l’Italia.
“Ora gioco solo con gli amici”
A Udine trova finalmente pace. Vive con un connazionale, lavora come lavapiatti e frequenta corsi di italiano. Ha paura di giocare a calcio in una squadra per il timore di incontrare i suoi aguzzini.
La sua domanda di asilo era stata respinta nel 2019, ma oggi il Tribunale di Trieste gli ha riconosciuto lo status di rifugiato. Gli sfruttatori avevano guadagnato migliaia di dollari vendendolo da un club all’altro. Ora minacciano di ucciderlo se non restituisce i soldi.
«Gioco solo con gli amici», dice. Il calcio per lui è ancora una ferita aperta, ma a Udine ha finalmente trovato un nuovo inizio.