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Almasri liberato per volontà precisa italiana: “Non è stato per un cavillo”

Pubblicato: 23/01/2025 07:38

Italia-Libia, il caso Almasri: il torturatore liberato per una scelta politica

L’Italia ha rimandato in Libia Njeem Osama Almasri Habish, il funzionario libico accusato di torture e crimini contro l’umanità, ricercato dalla Corte penale internazionale (CPI). E non si è trattato di un errore tecnico o di un “cavillo” burocratico: è stata una scelta politica precisa, con conseguenze che stanno suscitando polemiche a livello internazionale.
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L’arresto e la mancata risposta del Ministero della Giustizia

Almasri era stato arrestato a Torino il 20 gennaio scorso, ma la procedura di fermo si è rivelata irregolare perché effettuata “di iniziativa” dalla polizia giudiziaria, senza il via libera preventivo del Ministero della Giustizia, come previsto dalla legge italiana nei casi di cooperazione con la CPI. La Corte d’Appello di Roma, ricevuti gli atti dalla questura, ha subito segnalato al Ministero che mancava un’interlocuzione ufficiale con il governo italiano, necessaria per convalidare la misura.

A quel punto, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio avrebbe potuto rispondere tempestivamente, correggendo il problema e garantendo il proseguimento della detenzione. Ma il Ministero ha taciuto per oltre 24 ore, non avviando alcuna interlocuzione con la CPI né cercando soluzioni per risolvere il nodo tecnico. Di conseguenza, la Corte d’Appello ha disposto il rilascio di Almasri.

Un’espulsione lampo e il rimpatrio in Libia

Mentre la notizia dell’arresto faceva il giro del mondo e la CPI sollecitava una verifica sui passi compiuti dall’Italia, il governo italiano ha invece accelerato l’espulsione. Il Viminale ha firmato un decreto di rimpatrio in tempi record, e un aereo dei servizi segreti italiani ha riportato Almasri in Libia, dove lo attendeva una folla festante.

Un tempismo sospetto, che ha fatto emergere l’ipotesi di un’azione concertata tra Roma e Tripoli. La stessa Corte penale internazionale, in un comunicato ufficiale, ha sottolineato la gravità dell’accaduto e ricordato che tutti gli Stati sono obbligati a cooperare nelle indagini e nei procedimenti giudiziari per crimini di guerra e contro l’umanità.

Chi è Almasri e perché era ricercato

Njeem Osama Almasri Habish è un uomo di fiducia dell’attuale governo di Tripoli e un alto funzionario della polizia giudiziaria libica. È noto per guidare le strutture di detenzione in cui, secondo numerose inchieste internazionali, i migranti sono sottoposti a torture, stupri e abusi sistematici. È anche a capo del distretto militare dell’aeroporto di Mitiga, lo scalo da cui partono i voli che monitorano le coste libiche per bloccare i flussi migratori verso l’Italia.

Proprio per questi motivi, la sua cattura aveva generato forti tensioni diplomatiche tra Italia e Libia. Almasri conosce dettagli riservati sui rapporti tra il governo di Tripoli e quello di Roma, soprattutto sulle politiche di controllo dell’immigrazione nel Mediterraneo.

Un’azione che mette in crisi la credibilità dell’Italia

Il caso Almasri getta un’ombra sull’affidabilità dell’Italia nella cooperazione internazionale su crimini di guerra e diritti umani. Secondo fonti vicine alla CPI, l’Italia ha deliberatamente evitato di collaborare, trovando un escamotage giuridico per garantire il rilascio e l’espulsione del torturatore.

La scelta di rimandare in patria un uomo ricercato per crimini gravissimi solleva interrogativi sul peso delle relazioni diplomatiche rispetto alla giustizia internazionale. Roma ha preferito evitare uno scontro con Tripoli, garantendo ad Almasri un ritorno trionfale in Libia, mentre la comunità internazionale osserva con preoccupazione.

Il caso è destinato a far discutere a lungo, e potrebbe avere ripercussioni non solo sui rapporti con la CPI, ma anche sulla politica italiana nei confronti dei migranti e sulla gestione delle relazioni con il governo libico.

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Ultimo Aggiornamento: 23/01/2025 17:54

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