
Dataroom, la rubrica di analisi e inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, ha potuto leggere in anteprima la bozza di riforma che cambia il rapporto dei medici di famiglia con il Servizio sanitario nazionale. Di conseguenza, il rapporto che ogni cittadino avrà con il suo medico di base. Si sappia che oggi i medici di medicina generale sono lavoratori autonomi, pagati dal Servizio sanitario, e possono organizzare il loro tempo e le modalità di lavoro come meglio credono. Se la riforma andrà in porto, invece, i medici di base diventeranno invece dipendenti del Servizio sanitario nazionale come già adesso lo sono gli ospedalieri. Gabanelli parla di “passaggio epocale”. Ma cosa cambierà per i cittadini?
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Le novità essenziali di questa riforma ancora top secret sono tre. Le elenca Milena Gabanelli:
La prima: “L’attività di assistenza primaria di medicina e pediatria al fine del miglioramento dei servizi richiede l’instaurarsi di un rapporto d’impiego”.
La seconda: “Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta che non siano dipendenti del Ssn è a esaurimento”. Vuol dire che i nuovi medici di famiglia saranno assunti, mentre quelli già in servizio potranno continuare a essere liberi professionisti, a meno che siano loro stessi a decidere di passare alle dipendenze del Servizio sanitario.
La terza: la loro attività è da “garantire sia presso gli studi sia presso le Case della Comunità” dove in quest’ultime i cittadini potranno trovare medici di famiglia e/o specialisti dalle 8 del mattino alle 8 di sera, in grado di fare anche elettrocardiogrammi, ecografie, spirometrie, ecc.

Concretamente come potrà funzionare il nuovo modello di assistenza? Spiega Gabanelli citando il documento top secret: “Innanzitutto le ore di lavoro settimanali saranno per legge 38, mentre oggi il minimo garantito oscilla fra le 5 e 15 ore, a seconda del numero di pazienti”. Nella bozza di riforma si legge che l’impegno di 38 ore dei medici di medicina generale è ripartito secondo il seguente schema:
1) fino a 400 assistiti: 38 ore da rendere nel distretto o sue articolazioni, delle quali 6 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
2) da 401 a 1.000 assistiti: 12 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
3) da 1001 a 1.200 assistiti: 18 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
4) da 1.201 a 1.500 assistiti: 21 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
5) oltre a 1.500 assistiti: 24 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale». In pratica il medico di famiglia dovrà seguire le indicazioni del distretto, alternando quindi l’attività rivolta ai propri assistiti con quella messa a disposizione di tutti, cioè anche per visitare, fare vaccinazioni e rispondere alle necessità dei pazienti degli altri medici di base della zona. In questo modo verrà garantita ai cittadini la presenza di un medico di famiglia durante l’intera giornata e tutta la settimana. Il luogo di lavoro privilegiato sarà nelle Case della Comunità, ma anche in altri ambulatori pubblici che le Regioni dovranno mettere a disposizione per assicurare la capillarità dell’assistenza.