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Caso Almasri, Nordio e Piantedosi in Aula: cresce la tensione tra governo e magistratura

Pubblicato: 05/02/2025 07:45

Le risposte e le spiegazioni fornite fino a questo momento dal governo e dalla maggioranza riguardo alla liberazione del generale libico Osama Almasri Najeem, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, hanno sempre coinvolto i magistrati. In particolare, si è fatto riferimento a quelli dell’Aia, per il modo in cui hanno inoltrato gli atti alle autorità italiane, e a quelli della Corte d’appello di Roma, che hanno rilasciato il generale appena quarantotto ore dopo il suo arresto da parte della Digos di Torino. Purtroppo, poco è stato detto — dalla premier e dal diretto interessato — sul ruolo del ministro della Giustizia Carlo Nordio e sulle sue comunicazioni con gli stessi magistrati, prima della liberazione di Almasri. Allo stesso modo, non è stata fornita chiarezza nella risposta inviata da Roma alla richiesta di spiegazioni proveniente dall’Aia.
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Ai giudici della CPI si rimprovera sostanzialmente (oltre alla “curiosa” emissione del mandato di arresto poco prima dell’arrivo del libico in Italia) di non aver inviato gli atti al ministero della Giustizia secondo le procedure legali, ma la stessa Corte dell’Aia ha smentito questa ricostruzione. Infatti, dopo la liberazione di Almasri, ha comunicato che la richiesta di arresto “è stata trasmessa attraverso i canali appropriati, preceduta da consultazioni preliminari”. Inoltre, l’Aia ha precisato che, a seguito dell’arresto del ricercato a Torino all’alba del 19 gennaio, “su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane, la Corte ha scelto di non commentare pubblicamente l’arresto”.

Quindi l’Italia ha avuto contatti diretti con la Cpi, chiedendo di tenere riservato ciò che stava avvenendo, ma su questo manca la versione del ministro Nordio. Che finora ha taciuto anche sul nocciolo della questione che resta al centro del caso e si è rivelato dirimente per la sorte di Almasri: la mancata risposta alla Procura generale di Roma che aveva chiesto al Guardasigilli che cosa intendesse fare con il detenuto arrestato «irritualmente» — secondo l’interpretazione dei magistrati romani — dalla polizia.

È la nota disputa sulla (presunta, poiché ci sono giuristi che non la ritengono tale) «prodromica e irrinunciabile interlocuzione» per eseguire l’arresto di un ricercato da parte della Cpi. Che in questa occasione sarebbe mancata. Il pg di Roma ha scritto di aver «interessato» gli uffici della Giustizia nella giornata del 20 gennaio per conoscere le intenzioni del ministro sulla sorte di Almasri, ma senza ricevere alcun riscontro. Per quale motivo? Le spiegazioni giunte finora parlano di una «valutazione del carteggio» da parte di Nordio che nel pomeriggio dello stesso 20 gennaio era ancora in corso, ma si è saputo che fin dal mattino l’aereo dell’Aeronautica militare che in serata avrebbe riportato a casa il libico era decollato da Roma alla volta di Torino, per andarlo a prendere. Dunque chi e quando ha preso quella decisione, chiaro indizio della volontà di scarcerare il detenuto, mentre il ministro stava ancora riflettendo sul da farsi?

In ogni caso il governo ha sempre sostenuto che la scarcerazione è stata decisa non dall’esecutivo bensì dalla Corte d’appello; affermazione vera sul piano formale, ma nel loro provvedimento i giudici hanno scritto che non potevano fare altrimenti di fronte all’inerzia ministeriale dopo la sollecitazione del pg, in assenza di un provvedimento di Nordio che sanasse il vizio dell’arresto «irrituale». Rimettendo al centro di tutto il silenzio di Nordio. Rimasto inspiegato pure nella nota mandata alla Cpi, che ha lasciato del tutto insoddisfatti i giudici dell’Aia.

Da quanto trapela, il Gabinetto del ministro s’è limitato a richiamare la legge che regola i rapporti tra l’Italia e la Corte, con le attribuzioni riservate al Guardasigilli; ha sostenuto di essere stato informato solo il 20 gennaio, ad arresto avvenuto, e che lo stesso giorno ha ricevuto gli atti dalla Procura generale. Senza dire nulla sul quesito del pg rimato inevaso, né sulle valutazioni ancora in corso quando la Corte d’appello ha ordinato la scarcerazione. Con la quale sarebbe cessata ogni competenza del ministero della Giustizia; di lì in avanti se n’è occupato il ministero dell’Interno. Chiamato anch’esso a riferire in Parlamento.

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