
Le convinzioni religiose o ideologiche dei genitori non possono compromettere il diritto del figlio a una crescita sana ed equilibrata. Lo ha stabilito la Cassazione con un’ordinanza pubblicata il 3 febbraio, pronunciandosi sul caso di un bambino con una grave malformazione cardiaca, per il quale era necessario un intervento chirurgico con possibile trasfusione.
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Il caso: genitori contrari a sangue da donatori vaccinati
I genitori del minore avevano dato il consenso alla trasfusione solo a condizione che il sangue provenisse da donatori non vaccinati contro il Covid-19. Una posizione motivata da ragioni religiose – secondo cui il vaccino sarebbe stato sviluppato con linee cellulari di feti abortiti – e dalla convinzione che la proteina spike fosse pericolosa.
L’ospedale, non potendo garantire donatori non vaccinati, ha chiesto l’intervento del giudice tutelare di Modena, che l’8 febbraio 2022 ha ritenuto “irragionevole” la richiesta, nominando il direttore generale della struttura come curatore del minore per autorizzare l’operazione.

Il ricorso fino alla Cassazione
I genitori hanno presentato reclamo al tribunale dei minorenni di Bologna, che lo ha respinto il 20 settembre 2023. Successivamente, hanno impugnato il decreto davanti alla Cassazione, chiedendo non solo l’annullamento della decisione, ma anche di ordinare alla struttura sanitaria la raccolta di sangue da donatori “no-vax”.
La Suprema Corte, con decisione del 3 dicembre, ha respinto il ricorso, ribadendo che la richiesta fosse una scelta di coscienza religiosa che non può essere imposta al minore. “I diritti e gli interessi del bambino sono suoi e non del nucleo familiare”, si legge nell’ordinanza firmata dalla presidente della prima sezione civile Maria Acierno. “In alcuni casi possono coincidere con quelli della famiglia, in altri no, ed è compito del giudice garantirne il rispetto”.