
Due anni dopo, Mohammed rivive ancora il terrore e la disperazione di quella notte tempestosa, quando il caicco turco Summer Love si incagliò su un fondale poco profondo davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro. Le urla di donne e bambini, sommersi dalle onde e dalla schiuma, riecheggiano nella sua mente. A bordo c’era anche lui, giovane palestinese in fuga dalla Striscia di Gaza, alla ricerca di un futuro migliore. Nonostante fosse stato segnalato con largo anticipo da un velivolo di Frontex, il soccorso italiano non arrivò mai. Mohammed riuscì a salvarsi, insieme a 80 altri migranti, ma per circa 100 persone, tra cui 94 vittime confermate, molte delle quali minorenni, la tragedia non ebbe scampo. Per ricordare le vittime, ha partecipato alle cerimonie del secondo anniversario del naufragio, tornando dal Belgio, dove cerca di ricostruire la sua vita, nonostante le difficoltà legate ai documenti. Farzaneh, giovane afgana, ha perso nello stesso incidente uno zio, una zia e tre cuginetti, un’intera famiglia annegata mentre tentavano di raggiungerla in Germania. Ogni volta che ritorna a Steccato, il suo dolore si riaccende, ma non smette di farlo, per onorare i suoi cari e per sensibilizzare sulle tragedie quotidiane del Mediterraneo. Mohammed e Farzaneh aspettano ancora, a quasi due anni di distanza, di poter ricongiungersi con le loro famiglie, come promesso dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Solo Mojtaba, un curdo-iraniano di 40 anni, è riuscito a portare i suoi familiari in Europa, trovando lavoro come pasticciere a Crotone.
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In un incontro organizzato dalla Rete 26 febbraio, composta da associazioni e cittadini impegnati a difendere i diritti dei migranti, è emersa l’amarezza per il mancato adempimento delle promesse fatte dal governo. Manuelita Scigliano, portavoce della rete, ha osservato che a due anni dalla tragedia, nulla è cambiato: le promesse di ricongiungimento per circa 200 persone sono state in gran parte disattese, e molti rimangono ancora bloccati lungo la rotta migratoria, in Turchia e Iran. Purtroppo, continua la retorica di odio contro i migranti e le ONG, e nuove tragedie, come quella di Roccella Jonica nel giugno 2024, non trovano la stessa visibilità mediatica. La rete ha annunciato che presenterà un documento con proposte per una gestione più giusta e umana dei flussi migratori, accompagnato da un appello alla memoria delle vittime e alla responsabilità collettiva nel combattere l’oblio.
La Conferenza episcopale calabra ha lanciato un appello affinché nessuna vita venga dimenticata, invitando tutti, dallo Stato alla Chiesa, a promuovere una cultura dell’accoglienza. Il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ha sottolineato l’importanza di ricordare per evitare il ripetersi di simili tragedie e ha ribadito che l’immigrazione deve essere affrontata come una questione europea. Anche le organizzazioni umanitarie che operano in mare hanno criticato la gestione dell’incidente, affermando che la tragedia sarebbe stata evitabile se fossero stati attivati i corretti protocolli di soccorso.
Sul piano giudiziario, le indagini hanno portato alla condanna di alcuni degli scafisti coinvolti nel naufragio, ma le responsabilità dei ritardi nei soccorsi sono ancora in discussione. Il 5 marzo si terrà un’udienza cruciale per accertare la responsabilità di sei militari accusati di naufragio colposo e omicidio plurimo. Fabio Anselmo, avvocato di alcuni parlamentari che hanno denunciato i fatti, ha sottolineato l’importanza di questa udienza per stabilire se le colpe siano solo quelle dei militari accusati o se ci siano altre responsabilità da attribuire. Il capitano della nave che per prima scoprì la tragedia in mare proprio in queste ore ha ribadito la sua posizione: “Avremmo potuto salvarli, ma non abbiamo ricevuto l’ok per intervenire in tempo”.