
Whatsapp e Fisco, un binomio che fino a poco tempo fa sembrava essere incompatibile, e che invece ora può diventare un problema. Già, perché in alcuni casi chat e foto possono diventare un'”arma” dell’Agenzia delle Entrate per accertare eventuali irregolarità. La Corte di Cassazione ha infatti recentemente stabilito che le conversazioni su WhatsApp, comprese le schermate delle chat, possono essere utilizzate come prove legali nelle indagini fiscali.
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Ma come? E quando? Cerchiamo di capirci qualcosa in più e vediamo quali sono i casi in cui questo diventa possibile. Questo implica che anche le comunicazioni informali tra amici e familiari, che sembrano private, possano essere sfruttate dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza per raccogliere informazioni utili, rendendo più difficile per i contribuenti nascondere redditi o operazioni non dichiarate.
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In pratica, le conversazioni private su Whatsapp, che molti potrebbero considerare confidenziali (raccontiamo a un amico un acquisto – che magari non è in linea con la nostra dichiarazione dei redditi…), possono essere esaminate dal Fisco come potenziale prova in caso di sospetti di evasione fiscale. L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono così raccogliere potenziali prove, che includono screenshot delle conversazioni, immagini, video e file condivisi su WhatsApp per le loro indagini. Il punto è che in questo modo vi è l’accesso a tutte le conversazioni per attestare eventuali irregolarità fiscali, come il nascondere guadagni o condurre attività non dichiarate. Durante un’indagine fiscale, infatti, se dovessero emergere prove di una contabilità nascosta o di attività illecite come l’evasione fiscale, le chat di WhatsApp o le relative immagini potrebbero rappresentare un elemento cruciale per le indagini.

Quanto alle immagini e alle foto, che in apparenza potrebbero sembrare innocenti o casuali, potrebbero invece contenere dettagli che aiutano le forze fiscali a costruire un quadro più completo delle attività economiche di una persona. Come sottolinea Leggo, la possibilità che il Fisco possa accedere a questo tipo di dati di Whatsapp solleva il rischio che le comunicazioni personali possano diventare strumenti di accusa, aumentando la trasparenza e il controllo sulle operazioni finanziarie quotidiane di ogni cittadino. La polemica, ovviamente già infuria. La sentenza della Cassazione solleva infatti interrogativi su come le persone dovrebbero comportarsi con la gestione delle proprie comunicazioni digitali e su quali conseguenze potrebbe avere il trattamento delle informazioni condivise online in contesti non ufficiali.