
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna emessa dal giudice di pace nel dicembre 2023 nei confronti dell’ex presidente del Caseificio Sociale di Coredo (Trento), Lorenzo Biasi, e del casaro Gianluca Fornasari, accusati di lesioni gravissime. La vicenda riguarda Mattia, un bambino che nel 2017 ha consumato un pezzo di formaggio a latte crudo contaminato dal batterio Escherichia coli, prodotto dal caseificio. Il piccolo ha contratto la sindrome emolitica-uremica (Seu), con danni gravissimi che lo hanno ridotto in stato vegetativo. Oggi, Mattia ha 12 anni.
Nel primo grado di giudizio era stata disposta una pena pecuniaria di 2.478 euro, che in appello nel luglio dell’anno scorso è stata integrata con una provvisione da un milione di euro destinata alla famiglia (600.000 euro per il bambino e 200.000 per ciascun genitore). Il risarcimento definitivo dei danni sarà invece stabilito in sede civile.
La Corte suprema ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai due imputati, confermando quindi la sentenza.
A qualche mese dalla decisione, sono state rese note le motivazioni per cui era stato rigettato l’appello dei due imputati. Secondo quanto riportato dal giudice del tribunale di Trento, Massimo Rigon, «se il presidente del Caseificio Sociale di Coredo, Lorenzo Biasi, avesse supervisionato correttamente l’operato del casaro Gianluca Fornasari, il formaggio infetto non sarebbe stato prodotto. Inoltre, anche se fosse stato prodotto, non sarebbe stato messo in commercio, ma ritirato, avendo il presidente il potere e il dovere di farlo».
Il padre di Mattia ha commentato: «Questa sentenza certifica il comportamento criminale dei due condannati». Soddisfazione è stata espressa anche dagli avvocati della parte civile, Paolo Chiariello e Monica Cappello: «Siamo molto contenti di questa sentenza, dopo anni di lavoro in cui sembrava che non ci fosse più speranza. Siamo grati agli esperti e agli scienziati che ci hanno affiancato in questo percorso e alla battaglia coraggiosa della famiglia Maestri: è stato un onore difenderli».