
Non tutti ne sono al corrente, ma tra le varie agevolazioni statali c’è anche il cosiddetto bonus Tari, cioè un’agevolazione per avere uno sconto sulle bollette della tassa comunale dei rifiuti. La Tari copre i costi di gestione del Comune per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, lo spazzamento e il lavaggio delle strade, il trattamento e recupero dei rifiuti e lo smaltimento degli stessi. In base alla quantificazione di questi costi, il Comune stabilisce le tariffe da applicare alle singole utenze domestiche e non. Il pagamento della Tari è dunque dovuto da chiunque possegga locali o aree scoperte che producono rifiuti urbani. In caso di affitto, se è stato stipulato un contratto che dura almeno 6 mesi, l’imposta è a carico del locatario. Pertanto, per gli affitti brevi, l’adempimento rimane a carico del proprietario dell’immobile. La quantificazione dell’imposta, va precisato, dipende anche dal numero di occupanti dell’immobile, qualsiasi variazione in tal senso deve esser segnalato immediatamente al gestore della tariffa. Chiarito questo, veniamo ai dettagli del bonus.
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Il bonus Tari, come i bonus sociali dedicati a luce, gas e acqua, è un’agevolazione che garantisce la riduzione della spesa per la tassa sui rifiuti per i nuclei familiari in condizione di disagio economico. Il taglio prevede una riduzione del 25% della fattura e viene applicato direttamente in bolletta. Per ottenere il bonus, i contribuenti devono possedere i seguenti requisiti:
– nucleo familiare con ISEE fino a 8.350 euro;
– famiglie numerose con almeno 4 figli con ISEE fino a 20.000 euro;
– beneficiari del reddito o pensione di cittadinanza.
Come specifica Altroconsumo nella sua guida, è inoltre prevista la possibilità di accedere a una rateizzazione dei pagamenti (per rate di importo minimo pari a 100 euro) per alcune situazioni particolari:
– utenti che dichiarino di essere beneficiari del bonus sociale per disagio economico previsto per luce, gas e acqua;
– utenti che si trovino in condizioni economiche disagiate, individuati secondo i criteri definiti dall’ente territoriale competente;
– se l’importo addebitato supera del 30% il valore medio riferito alle fatture emesse negli ultimi due anni.
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