
Un gesto estremo maturato nel silenzio, ma dietro cui potrebbero celarsi attività illecite ancora tutte da chiarire. È quanto emerge dalle ultime novità sulla tragica vicenda di Andrea Prospero, il 19enne trovato morto nel suo monolocale a Perugia lo scorso gennaio, dopo aver assunto sette dosi di ossicodone, per un totale di 170 milligrammi, acquistate per 170 euro.
Secondo la Procura di Perugia, Andrea stava cercando di togliersi la vita da sei mesi. Da qui l’apertura di un secondo fascicolo d’inchiesta, parallelo a quello già in corso per induzione o aiuto al suicidio, che ha portato all’arresto di un giovane romano.
Le indagini si allargano: sotto la lente dispositivi e materiali digitali
Il nuovo filone investigativo riguarda il contenuto di sim, telefoni cellulari, pc e carte di credito ritrovati nel monolocale del ragazzo. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che possano emergere truffe online o altri comportamenti penalmente rilevanti, potenzialmente riconducibili a una rete giovanile operante tramite la rete. Tuttavia, al momento non sono emersi collegamenti diretti tra queste presunte attività e il suicidio dello studente universitario.
La Procura ha deciso quindi di distinguere formalmente le due indagini, che procedono su binari separati ma con possibili punti di intersezione in futuro.
Chi è Emiliano Volpe, il 18enne arrestato
Nel primo fascicolo è coinvolto Emiliano Volpe, 18 anni, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di aver favorito o spinto Prospero al suicidio tramite contatti su Telegram, dove usava il nickname Valemno. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato lui a incoraggiare il gesto estremo.
La famiglia del ragazzo, tramite il legale Alessandro Ricci, ha espresso vicinanza al dolore dei genitori di Andrea Prospero, sottolineando come il giovane sia molto provato e in attesa dell’interrogatorio di garanzia, previsto per domani a Perugia.
Il dramma nelle parole della madre di Volpe
Parole cariche di sgomento quelle della madre del ragazzo: “Il mondo ci è crollato addosso. Siamo persone perbene, uno dei miei figli è poliziotto, ma Emiliano è sempre stato chiuso e riservato, sempre attaccato al telefono”. La donna ha parlato anche del senso di impotenza vissuto dalla famiglia: “Abbiamo sempre parlato con i nostri figli di droga e pericoli della rete, ma ora ci sentiamo soli, incapaci di gestire tutto questo”.
Caccia agli altri coinvolti
Il secondo filone d’indagine, attualmente a carico di ignoti, punta a fare luce su possibili complicità o altri giovani coinvolti in episodi di truffe online, emersi in parte già nelle prime fasi dell’inchiesta. Anche se non ci sono al momento indagati specifici, gli investigatori stanno analizzando nel dettaglio tutto il materiale informatico sequestrato.
La vicenda, ancora piena di punti oscuri, getta luce su un disagio giovanile profondo, su un uso pericoloso della rete e sulla necessità di maggiore attenzione verso le dinamiche che si sviluppano online, spesso invisibili ma potenzialmente devastanti.