
Un aumento dei dazi tra Stati Uniti ed Europa potrebbe avere conseguenze rilevanti sulla crescita economica dell’eurozona. Secondo le analisi della Banca centrale europea (Bce), un dazio statunitense del 25% sulle importazioni dall’Europa ridurrebbe la crescita dell’area dell’euro di circa 0,3 punti percentuali nel primo anno. Una risposta dell’Unione europea (Ue) con un aumento delle tariffe sulle importazioni dagli Stati Uniti porterebbe questa riduzione a circa mezzo punto percentuale.
Leggi anche: Trump fa marcia indietro sul Canada: niente raddoppio sui dazi per l’acciaio
A evidenziare questi rischi è la presidente della Bce, Christine Lagarde, durante un’audizione al Parlamento europeo. Lagarde ha sottolineato che la situazione è in continua evoluzione e qualsiasi stima è soggetta a un’elevata incertezza. L’impatto più forte si registrerebbe nel primo anno, per poi attenuarsi nel tempo, pur lasciando effetti negativi persistenti sulla produzione.
Rischi per inflazione e crescita
L’area euro, ha spiegato Lagarde, è fortemente integrata nelle catene di approvvigionamento globali, specialmente con gli Stati Uniti, e risulta quindi particolarmente esposta ai cambiamenti delle politiche commerciali. Se gli Usa imponessero dazi del 25% e l’Ue rispondesse con misure simili, le prospettive di inflazione diverrebbero significativamente più incerte.

Nel breve termine, le misure di ritorsione dell’Ue e un indebolimento del tasso di cambio dell’euro, dovuto alla minore domanda statunitense di prodotti europei, potrebbero aumentare l’inflazione di circa mezzo punto percentuale. Tuttavia, nel medio termine, l’effetto si attenuerebbe poiché la minore attività economica ridurrebbe le pressioni inflazionistiche.
Disinflazione ancora in corso
Nonostante le incertezze legate ai dazi, il processo di disinflazione nell’area euro è ancora in corso. Secondo le proiezioni della Bce, l’inflazione complessiva è scesa dal 2,5% di gennaio al 2,3% di febbraio. Le previsioni indicano che nel 2025 il dato dovrebbe mantenersi su questi livelli, per poi scendere all’1,9% nel 2026 e stabilizzarsi al 2,0% nel 2027.
Lagarde ha ribadito che queste stime restano soggette a un’elevata incertezza, poiché l’impatto degli aumenti tariffari potrebbe essere non lineare e influenzato da una possibile riconfigurazione delle catene di approvvigionamento globali.