
Ravenna, 25 marzo 2025 – Dopo quasi trent’anni di mistero e piste investigative andate a vuoto, arriva finalmente una svolta nel caso dell’omicidio di Iolanda Castillo, la prostituta di 34 anni originaria della Repubblica Dominicana, brutalmente assassinata tra il 2 e il 5 maggio del 1996 in un appartamento a Lido di Savio, sulla costa ravennate. A finire sotto indagine è un uomo di 62 anni, di origine brasiliana, attualmente ricercato per omicidio aggravato da sevizie e crudeltà.
Secondo la Procura di Ravenna, l’uomo sarebbe stato legato alla vittima nell’ambito della prostituzione e avrebbe deciso di ucciderla per punirla dopo la sua fuga dall’Umbria verso la Riviera romagnola. Nonostante il quadro accusatorio sempre più solido, il sospettato è al momento irreperibile, tanto che il giudice Andrea Galanti, dopo la richiesta di rinvio a giudizio, ha disposto la ricerca a oltranza dell’indagato, sospendendo le udienze.
Un omicidio rimasto irrisolto per anni
Iolanda Castillo era arrivata in Italia meno di un anno prima, con un permesso di soggiorno per lavorare come collaboratrice domestica. Dopo un breve periodo in Umbria, si era trasferita a Lido di Savio a marzo del 1996, dove aveva iniziato a prostituirsi, facendosi chiamare “la Dea dell’amore” nei suoi annunci sui giornali. Il 5 maggio, il suo corpo venne trovato senza vita dalla donna che la ospitava nell’appartamento. La padrona di casa si era preoccupata non ricevendo più risposte al telefono.
La scena del crimine fu agghiacciante: Iolanda era stesa sul letto, nuda e con le braccia e le gambe legate con una cintura. Il suo corpo presentava segni di percosse e numerose coltellate. Inoltre, le sue labbra erano tappate con uno slip da uomo e due coltelli erano stati conficcati nel suo cuore, quasi come un macabro marchio del killer.
La svolta nell’indagine dopo 24 anni
Le indagini iniziali avevano esplorato diverse piste, tra cui quella di un possibile serial killer di prostitute. Tra i sospettati, figura anche il 62enne brasiliano, il cui nome era stato archiviato nel 2006 per mancanza di prove. Tuttavia, nell’ottobre 2020, una nuova tecnologia di analisi forense ha riacceso le speranze di giustizia. I Ris, infatti, hanno rilevato un’impronta digitale sulla scena del crimine che è stata poi comparata con il database delle impronte. Il risultato ha portato a una corrispondenza con quella del sospettato, con diciassette punti di convergenza.
A confermare la pista, si sono aggiunti altri elementi: testimonianze di persone vicine all’indagato, analisi dei tabulati telefonici e la ricostruzione dei rapporti tra lui e la vittima. Nonostante ciò, un ostacolo tecnico sta rallentando il processo: nel 2002, durante un arresto per droga, l’impronta dell’uomo era stata rilevata in modo impreciso, impedendo un confronto definitivo.
La ricerca continua, ma il sospettato è sparito
Per superare questo impedimento, le autorità italiane hanno richiesto la collaborazione del Brasile, sia per ottenere nuove impronte digitali che per un eventuale confronto del DNA. Tuttavia, la situazione si complica ulteriormente, poiché del sospettato non si trova traccia. L’uomo sembra essersi volatilizzato, rendendo la sua identificazione ancora più difficile.
Nonostante le difficoltà, la Procura di Ravenna ha ribadito la sua intenzione di non arrendersi. La sospensione delle udienze non significa che il caso sia archiviato, anzi, testimonia la determinazione degli inquirenti nel proseguire le ricerche. La speranza è che dopo quasi tre decenni, questo caso finalmente giunga a una conclusione e che l’assassino di Iolanda Castillo venga assicurato alla giustizia.