
Due telefonate per annunciare una tragedia. Nella mattina di mercoledì 26 marzo, Nicola Gianluca Romita, 47 anni, ha contattato prima la sua ex moglie a Oristano, poi la polizia, confessando: «L’ho uccisa e adesso la faccio finita». Le parole si riferivano alla sua seconda moglie, Laura Papadia, 36 anni, trovata senza vita nella loro casa di Spoleto.
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La confessione e la corsa contro il tempo
Le due chiamate hanno fatto scattare immediatamente l’allarme. Grazie alle informazioni fornite dall’ex moglie, le autorità si sono dirette a Spoleto, dove Romita possedeva un’abitazione. Intorno alle 11, gli agenti lo hanno individuato sul Ponte delle Torri, mentre minacciava di gettarsi nel vuoto. Dopo una lunga trattativa, lo hanno convinto a desistere.
Nel frattempo, un’altra squadra di polizia ha raggiunto l’appartamento in via di Porta Fuga. Qui, nella camera da letto, giaceva il corpo senza vita di Laura Papadia, ancora in pigiama. Dai primi rilievi è emerso che la donna sarebbe stata strangolata, senza segni evidenti di colluttazione.
L’indagine e le ipotesi sulla tragedia
Dopo un lungo interrogatorio, la Procura di Spoleto ha disposto il fermo per omicidio volontario. Sul luogo del delitto sono intervenuti la scientifica, il medico legale, il pubblico ministero e il procuratore.
La coppia conviveva a Spoleto da circa due anni: lei lavorava come vicedirettrice in un supermercato, lui era rappresentante di vini. Nonostante un’apparente tranquillità, il rapporto era segnato da una profonda crisi. Secondo le prime ipotesi investigative, riportate dal Messaggero, la tensione tra i due sarebbe esplosa per il desiderio di maternità di Laura, a cui Romita si sarebbe opposto. Gli inquirenti ora attendono l’autopsia per chiarire con esattezza l’orario della morte e le modalità del femminicidio.