
Alberto Stasi torna a parlare dopo la riapertura del caso sul delitto di Garlasco. Lo fa con Le Iene, esprimendo la sua speranza che venga finalmente alla luce la verità, anche in riferimento alle indagini su Andrea Sempio. «È da qui che ricomincerei a guardare, se potessi tornare indietro nel tempo», ha dichiarato. Condannato a 16 anni nel 2015, oggi potrebbe tornare in libertà grazie alla messa alla prova: «Ho progetti molto semplici, da Mulino Bianco: una famiglia, tranquillità. Sogni piccoli ma importanti per me».
Gli ultimi tre anni
«Sono stati anni lunghi, ma ho fatto progressi. Lavoro fuori, riesco a vedere un po’ di più la mia famiglia. Mi sento fiducioso, spero che emerga tutta la verità, non per me soltanto, ma per Chiara e per tutti».
Sul nuovo indagato Andrea Sempio
«Non l’ho mai visto, era amico del fratello di Chiara, completamente fuori dalla mia cerchia. Sono garantista, penso che la verità non debba mai far paura e ogni accertamento è giusto. Se il suo DNA è compatibile con quello sotto le unghie di Chiara, come sostiene la Procura, significa che si può comparare. A me fu confrontato e risultò negativo».
La consapevolezza di un’etichetta
«Non so se ci si può mai liberare davvero da un’etichetta come quella che porto. Einstein diceva che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Ci si deve rassegnare al fatto che non tutti avranno la stessa opinione. Ma io non sono fuggito: gli innocenti non scappano».
La memoria di Chiara e della condanna
«Di quel giorno ricordo tutto, ogni dettaglio. È un insieme, la casa, Chiara. Non è un’immagine sola. Il giorno della condanna? Tristezza, disperazione, mia madre. È stato devastante».
L’esperienza del carcere
«Il carcere ti toglie anni di vita, ma ti insegna anche a trovare risorse interiori. L’innocenza, per me, è diventata una risorsa, non un peso. Ho conosciuto persone, storie, realtà che mi hanno arricchito. Esistono sofferenze che non si immaginano fuori. I rapporti sono stati cordiali, si crea un certo cameratismo».
Il presente: lavoro e routine
«Esco la mattina, vado in ufficio, faccio pausa pranzo, torno la sera. Ho prescrizioni rigide: mezzi, orari, persone che posso frequentare. Ma anche la routine degli altri è simile, chi prende i mezzi alla stessa ora incontra sempre le stesse facce».
La fede e il senso della pena
«Sono credente, non religiosamente in senso stretto ma nel cuore. Penso che forse ci sia un disegno più grande, che non capisco. Magari questa prova mi è stata data per crescere, per imparare. Non so se è un’illusione, ma mi dà una spiegazione quando non ne trovo altre».
La speranza per il futuro
«Vorrei solo una famiglia normale, una vita tranquilla. Se potessi tornare indietro, inizierei a guardare dove oggi stanno guardando gli inquirenti. Tra poco potrei essere libero. Ho sempre voluto una vita semplice, e quella sogno ancora».