
Le indagini sulla morte di Giada Zanola, la 34enne trovata senza vita sull’autostrada A4 a Vigonza, in provincia di Padova, hanno portato a una svolta. Secondo la Procura della Repubblica di Padova, la donna non si sarebbe tolta la vita, ma sarebbe stata stordita con barbiturici e poi spinta giù dal cavalcavia.
L’ex compagno, Andrea Favero, 38 anni, è accusato di omicidio premeditato aggravato e si trova in carcere in attesa di giudizio.
Le accuse della Procura e il movente
Secondo gli inquirenti, Favero avrebbe pianificato il delitto con largo anticipo e avrebbe agito con lucidità per inscenare un suicidio. Un elemento aggravante nell’accusa è la relazione affettiva e la convivenza tra i due: Giada e Andrea avrebbero dovuto sposarsi a settembre, ma lei aveva deciso di annullare il matrimonio.
La Procura ha chiuso le indagini il 24 marzo e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio. Se la difesa non presenterà controdeduzioni, l’udienza preliminare potrebbe tenersi a luglio.
La tragica fine di Giada
La notte del 29 maggio, Giada Zanola sarebbe stata spinta giù dal cavalcavia ancora viva, secondo la ricostruzione degli investigatori. Il suo corpo è stato investito più volte dai mezzi in transito. Un tragico epilogo che, per la Procura, rappresenta l’ennesimo femminicidio.
Chi era Giada Zanola
Giada Zanola aveva 33 anni, era di origini bresciane e viveva in Veneto. Madre di un bambino di tre anni, negli ultimi tempi aveva affrontato difficoltà nella relazione con Favero.
Alcuni messaggi lasciati sui social prima della tragedia hanno attirato l’attenzione degli inquirenti. Tra questi, uno particolarmente inquietante pubblicato su Facebook: «Chi mi vede esprime il desiderio di non vedermi più».