
Dallo scorso 2 aprile, giorno del cosiddetto “Liberation Day” trumpiano con l’annuncio di dazi reciproci, i mercati finanziari mondiali sono entrati in una fase di profonda instabilità. Le Borse globali hanno vissuto giornate di forti crolli, e anche i futures di Wall Street preannunciano ulteriori ribassi, alimentando l’incertezza tra gli investitori.
Ma proprio da Wall Street iniziano a levarsi voci di dissenso contro la strategia protezionistica portata avanti dall’amministrazione Trump. Secondo alcune indiscrezioni di stampa, nel weekend alcuni Ceo di importanti aziende statunitensi avrebbero incontrato il presidente nella sua residenza di Mar-a-Lago, nel tentativo di fargli rivedere la sua linea dura in ambito commerciale.
Tra le critiche più nette, quella di Bill Ackman, noto gestore dell’hedge fund Pershing Square, che ha invocato una pausa di 90 giorni sui dazi per evitare ulteriori danni economici. Ackman ha attaccato direttamente su X il segretario al commercio Howard Lutnick, accusandolo di conflitto di interessi: “Lui e Cantor sono lunghi sulle obbligazioni. Guadagna mentre la nostra economia implode”, ha scritto, riferendosi all’omonima società d’investimenti.
Anche Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, il più grande hedge fund del mondo, ha lanciato un allarme preoccupante: “Le conseguenze immediate dei dazi saranno significativamente stagflazionistiche negli Stati Uniti”, ha dichiarato, evidenziando il rischio combinato di inflazione e stagnazione economica.
Nel frattempo, il clima sui mercati resta tesissimo: gli investitori temono che l’escalation commerciale si trasformi in una vera guerra economica su scala globale, capace di compromettere non solo le catene di approvvigionamento internazionali, ma anche la credibilità geopolitica degli Stati Uniti.