
Dal carcere dove è detenuto per aver ucciso l’ex fidanzata Ilaria Sula, Mark Samson, 23 anni, ha scritto una lettera aperta nella quale chiede perdono, prende atto del proprio crimine e afferma di essere pronto a pagare le conseguenze. La missiva, pubblicata dal Tg1, arriva a pochi giorni dalle novità investigative che delineano sempre più chiaramente la premeditazione del gesto.
La lettera dal carcere
«Scrivo dalla mia cella, dove resterò per svariati anni. Ogni giorno penso all’atroce delitto che ho commesso e non so che cosa dire, ma soprattutto non so cosa mi sia accaduto. È banale chiedere scusa per il dolore che ho recato, ma voglio farlo. Chiedo scusa a Ilaria: non l’ho rispettata quando ha voluto lasciarmi. Sono impazzito di dolore e ho perso il controllo.
Sono consapevole che nulla potrà lenire il dolore della sua famiglia. Non cerco scuse, non fuggo dalle responsabilità. Sono pronto a pagare per quello che ho fatto».
Firmato: Mark Samson.
Un gesto che suona come un tentativo di pentimento, ma che non convince né consola i familiari della vittima.
La risposta della famiglia Sula
A parlare per loro è l’avvocato Giuseppe Sforza, legale della famiglia Sula, che rispedisce al mittente la richiesta di perdono.
«Il testo di questa lettera sembra più una manifestazione narcisistica di sé stesso che una reale presa di coscienza dell’enormità del gesto commesso», afferma il legale.
«C’è libertà di scrivere, certo. Ma c’è libertà per la famiglia di Ilaria di non accettare queste scuse, per rispetto del dolore che stanno vivendo i genitori, il fratello, gli amici e chi le voleva bene».
Un delitto che resta incancellabile
Ilaria Sula, studentessa di 22 anni, è stata uccisa a coltellate lo scorso 31 marzo a Roma. Il suo corpo è stato ritrovato in una scarpata, a decine di chilometri dall’appartamento di via Homs, dove secondo le indagini Samson l’avrebbe aggredita e uccisa. Gli inquirenti stanno verificando se il ragazzo abbia avuto complici nell’occultamento del cadavere. La madre del giovane è già indagata per concorso.
La lettera di Samson arriva dopo giorni di silenzio e sembra voler avviare un percorso personale di espiazione, ma per la famiglia Sula è un atto vuoto, lontano dal poter riparare all’irreparabile.
In una società che ancora cerca di prevenire e comprendere la radice dei femminicidi, resta un dolore immenso e una domanda aperta: quanto vale un perdono, quando la vita è stata strappata con violenza?