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Pellegrini, giù le mani da Sinner: la tua accusa è più che ingiusta

Pubblicato: 11/04/2025 15:09

Ha destato scalpore la presa di posizione di Federica Pellegrini sul caso Jannik Sinner, sospeso per tre mesi dopo una positività al clostebol giudicata da un tribunale sportivo indipendente come frutto di una contaminazione accidentale. “È stato trattato diversamente rispetto al 99% dei casi”, ha affermato Pellegrini in un’intervista a La Repubblica, alludendo a un trattamento di favore riservato al numero tre del mondo.
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Ma l’insinuazione, più che aprire un dibattito, rischia di generare un effetto contrario: alimentare sospetti infondati e oscurare una verità già chiarita. Sinner è risultato positivo a una sostanza contenuta in una pomata prescritta dal fisioterapista, come ammesso anche dall’Agenzia mondiale antidoping. L’assenza di dolo è stata riconosciuta da tutte le parti coinvolte. A fronte di ciò, l’accordo sulla squalifica – tre mesi, retrodatati al 9 febbraio – appare equilibrato e in linea con precedenti simili.

Sostenere il contrario significa ignorare i fatti. Il regolamento antidoping prevede già la responsabilità oggettiva dell’atleta, ma riconosce margini di valutazione nei casi di colpa lieve o assente. Ed è esattamente in questo contesto che si è collocata la decisione sul caso Sinner. Paragonare indiscriminatamente la sua vicenda ad altri episodi senza distinguere le circostanze, come fa Pellegrini, è una semplificazione pericolosa.

Inoltre, è lecito domandarsi se certe affermazioni non siano viziate da una visione troppo rigida, figlia di un’epoca in cui ogni positività era trattata con automatismo punitivo. Il diritto sportivo, come quello penale, evolve. E in questo caso non ha protetto un “intoccabile”, ma ha riconosciuto l’innocenza di fatto di un atleta che ha sempre dimostrato correttezza, trasparenza e collaborazione con le autorità.

Il sospetto gratuito è una delle forme più insidiose di ingiustizia, specialmente quando colpisce chi, come Sinner, rappresenta oggi l’immagine più sana dello sport italiano. Alimentarlo senza prove, come fa Pellegrini, non rafforza la battaglia antidoping. La svilisce.

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