
È morto a 85 anni Franco Abruzzo, volto storico dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Uomo di penna, di regole e di passione. Ha lasciato un segno profondo nella professione e nel cuore di chi lo ha conosciuto.
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Una vita tra redazioni e battaglie civili
Nato a Cosenza il 3 agosto 1939, ha iniziato giovanissimo nella sua terra. Poi si è spostato a Roma, tra le redazioni de Il Tempo e Il Giornale d’Italia. Nel 1962 è arrivato a Milano. È entrato al Giorno, ha raccontato i fatti di cronaca giudiziaria, ha seguito la politica. Ha ricevuto minacce anche da Luciano Liggio, boss mafioso. Ha continuato a scrivere. Sempre. Senza paura.
Anima dell’Ordine e della formazione
Nel 1986 è entrato nel Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti. Lo hanno eletto più volte. Ha guidato l’Ordine lombardo per oltre vent’anni, puntando sulla formazione. Sua l’idea di rilanciare l’Istituto Carlo de Martino e formato centinaia di praticanti. Ha spinto il giornalismo verso la qualità.
Manuali, newsletter, militanza
Franco Abruzzo ha scritto manuali. Ha spiegato le leggi, le regole, i diritti, aiutato intere generazioni a prepararsi per l’esame da professionista. Ha curato un notiziario online. Una newsletter con oltre 70 mila lettori. Tra loro giornalisti, magistrati, docenti. Nessun filtro. Solo informazione pura.
Il saluto di un amico e collega
Giuseppe Calizzi ha ricordato Abruzzo con parole toccanti: “Un professionista serio e un qualificato rappresentante delle più alte istituzioni della nostra categoria. Ma, soprattutto, un amico, un collega. Abbiamo condiviso tutto. Origini calabresi, giornali milanesi, battaglie all’Ordine”.
Il tributo dell’Ordine dei Giornalisti
L’Ordine della Lombardia ha pubblicato un messaggio: “Per diversi aspetti, risentiamo ancora della sua impronta. Attenzione ai colleghi più deboli, privi di diritti. Fondamentale la sua visione sulla formazione. L’Istituto de Martino, in trent’anni, ha preparato 682 giornalisti professionisti”.
L’eredità di Franco Abruzzo
Chi ha conosciuto Franco Abruzzo sa cosa ha lasciato. Non solo articoli e battaglie. Ma rispetto per la professione. Orgoglio per il mestiere. Una voce che ha guidato i giornalisti per decenni. Oggi si ferma. Ma resta viva. Nelle parole. Nella memoria. Nelle aule dove si insegna il giornalismo.