
Donald Trump ha deciso di esentare i prodotti delle compagnie tecnologiche americane dai nuovi dazi contro la Cina, in quella che appare come una mossa pragmatica per contenere i danni economici delle sue guerre commerciali. Tuttavia, la scelta mette in luce le contraddizioni della strategia americana e rischia di generare malcontento tra gli elettori più colpiti dalle politiche protezionistiche.
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La decisione, comunicata dalla U.S. Custom and Border Protection, esclude dalle “tariffe reciproche” del 145% prodotti come smartphone, computer, chip, semiconduttori e transistor. Una retromarcia che segue l’annuncio, pochi giorni prima, di nuove misure contro Pechino.
Silicon Valley salva, ma a caro prezzo
Il motivo è chiaro: aziende come Apple, che produce circa l’80% degli iPhone in Cina, rischiavano di subire perdite ingenti. Secondo le stime, il prezzo di un iPhone avrebbe potuto toccare i 3.500 dollari. In appena quattro giorni dalla proposta iniziale, la compagnia ha perso 773 miliardi di dollari in Borsa. A essere colpiti sarebbero stati anche altri giganti come Nvidia, Microsoft, HP e Dell, cuore pulsante dell’economia americana.
Reazioni interne e internazionali
Questa concessione, però, ha creato due problemi a Trump. Sul fronte interno, ha provocato l’ira di parte della base elettorale, in particolare tra gli operai del settore automobilistico in Stati strategici come Michigan e Ohio. Il senatore Chris Murphy ha denunciato una politica che favorisce i colossi in grado di sostenere finanziariamente la campagna elettorale del presidente.
A livello geopolitico, Trump ha mostrato una “soglia del dolore” inferiore rispetto al presidente cinese Xi Jinping, come ha osservato il New York Times. In una democrazia, le reazioni di mercati ed elettori hanno un peso che il regime cinese può permettersi di ignorare. Questa vulnerabilità politica rende l’America più fragile nel confronto con la Cina.
Il sogno americano tra dazi e cacciaviti
Resta poi il nodo della logica stessa della guerra commerciale. Il segretario al Commercio Lutnick ha sostenuto che i dazi stanno riportando “milioni di esseri umani” a lavorare negli Stati Uniti. Ma resta la domanda: è questo il futuro immaginato dagli americani? Avvitare viti per gli iPhone, invece di costruire tecnologie all’avanguardia? Una risposta che, più che sui podi elettorali, potrebbe arrivare dai portafogli degli elettori.