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Alessandro Sallusti: “Mia nonna stuprata dai partigiani, ma non ebbi mai la tentazione di diventare fascista”

Pubblicato: 14/04/2025 13:21
Sallusti nonna stuprata partigiani

Nel suo nuovo libro, “L’eresia liberale”, in uscita il 15 aprile per Rizzoli, Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, ripercorre un pezzo doloroso della propria storia familiare, intrecciata con il fascismo e le sue conseguenze. Una narrazione inedita, che parte dalla figura del nonno, Biagio Sallusti, ufficiale dell’esercito italiano che aderì alla Repubblica sociale italiana dopo l’8 settembre.
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La fucilazione di Biagio Sallusti e la vendetta contro la famiglia

Biagio Sallusti fu fucilato dai partigiani per aver presieduto il tribunale speciale che condannò a morte Giancarlo Puecher. Secondo quanto raccontato dal direttore al Corriere della sera, in quella circostanza i condannati avrebbero dovuto essere quattro, ma il nonno riuscì a ridurli a uno. “Condannare a morte un ragazzo è orribile. Ma è orribile anche quello che fecero dopo alla sua famiglia”, ha detto Sallusti.

Dopo l’esecuzione, la famiglia Sallusti subì gravi violenze. La nonna del giornalista fu stuprata, e i figli, compreso il padre di Alessandro, vissero in povertà assoluta, sostenuti solo dall’assistenza cattolica. Una storia scoperta dallo stesso direttore su un manuale scolastico, dove era pubblicata la lettera di addio del nonno affiancata a quella di Puecher.

“La loro storia non era la mia”

Nel volume, Sallusti riflette sul rischio di farsi travolgere da un passato tanto traumatico: “Ringrazio Dio, e un poco anche mio padre, di avermi protetto. Quando uno viene a conoscenza di una cosa del genere, può essere tentato di vendicarla. Di esserne il continuatore. Invece non ho voluto avere nulla a che fare con questo”.

Un’eresia chiamata liberalismo conservatore

Da questo punto di partenza privato, Sallusti amplia lo sguardo alla sua esperienza professionale e alla propria visione del mondo. “Ci fanno passare per eretici, da escludere dal dibattito democratico”, dichiara, rivendicando la sua identità liberal-conservatrice. Un’eresia che lo ha portato ad affrontare processi, insulti e arresti, come quello per omesso controllo da direttore di testata.

Nel libro, il direttore prende posizione contro il “pensiero unico della sinistra” e difende la pluralità delle idee citando anche Ronald Reagan: “La differenza tra una democrazia liberale e una democrazia socialista è la stessa tra una camicia e una camicia di forza”. “L’eresia liberale” si propone così come un manifesto personale, storico e politico, in cui il peso della memoria si intreccia con la libertà di scelta e la coerenza ideologica.

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