
Il vestito nero, semplice ma elegante. Una collana d’argento che brillava con discrezione sotto le luci soffuse del teatro. Le mani agili, precise, che si muovevano sicure sulla tastiera. E la grazia con cui i capelli le scivolavano sulle spalle, seguendo il ritmo di Mozart. Era il 29 marzo, e Olena Kohut stava regalando alla sua città un momento di bellezza. Il Concerto per pianoforte n.27 di Mozart, eseguito insieme all’orchestra della Filarmonica di Sumy, era il suo linguaggio d’amore. Per il pubblico, per la musica, per l’Ucraina. Nessuno poteva immaginare che quella sarebbe stata la sua ultima esibizione pubblica.
Due settimane dopo, il silenzio. Il 13 aprile, Domenica delle Palme, Sumy è stata colpita da un attacco russo brutale: due missili balistici hanno sventrato il cuore della città, lasciando dietro di sé macerie, sangue e vite spezzate. Tra le vittime, c’era anche lei: Olena, la pianista, l’insegnante, la madre. «Non ci sono parole per descrivere questo dolore», scrivono i colleghi del Teatro Nazionale di Sumy. «Olena era una luce. Una professionista straordinaria, un’anima sensibile, un’amica leale. La sua musica, il suo sorriso, la sua gentilezza resteranno per sempre con noi», si legge ancora.
Chi la conosceva lo sa: la musica per Olena non era solo mestiere. Era missione. Insegnava all’Istituto di arti e cultura della città, e i suoi studenti la ricordano come una guida insostituibile. «Credeva in noi anche quando noi non lo facevamo. Aveva la rara capacità di ascoltare, di comprendere, di tirare fuori il meglio da ciascuno. Con lei non si studiava solo musica. Si imparava a essere umani», raccontano gli allievi.
Più volte aveva portato il repertorio ucraino all’estero, suonando nelle chiese d’Europa per far conoscere al mondo le melodie del suo Paese. Non era una star, non cercava riflettori. Ma la sua presenza, quando saliva sul palco, era impossibile da ignorare. Olena lascia un marito, dei figli, e una comunità che oggi si stringe nel vuoto che ha lasciato.
Il bilancio della strage di Sumy è tragico: 35 morti, di cui due bambini. I feriti sono 119, tra cui 15 minori, alcuni in condizioni gravissime. Numeri che si sommano a quelli di una guerra che non uccide soltanto corpi, ma tenta di cancellare l’identità culturale di un’intera nazione. Secondo l’associazione internazionale Pen Ucraina, dal 2022 sono almeno 181 gli operatori culturali uccisi: artisti, musicisti, poeti, scrittori, ballerini. Alcuni caduti in battaglia, altri, come Olena, colpiti mentre esercitavano la loro arte, o semplicemente vivevano.
Pen Ucraina ha lanciato un progetto, Killed by Russia: Ukrainian culture makers, un archivio digitale per ricordarli. Perché dietro ogni nome c’è una storia, un talento, una promessa spezzata. E dietro quella tastiera, il 29 marzo, c’era Olena Kohut. Una donna che aveva fatto della musica una forma di resistenza. Un’ultima nota, in una domenica di primavera, prima che il silenzio calasse su Sumy. Ma il silenzio, a volte, sa raccontare tutto.