
Giorgia Meloni si presenta a Washington con un obiettivo chiaro: evitare incidenti diplomatici e uscirne con l’immagine rafforzata, sia agli occhi dell’Europa che di casa propria. Secondo quanto riportano il New York Times e il Washington Post, la leader italiana sta giocando una partita ad altissimo rischio: «La posta in gioco della missione è molto alta» scrivono i quotidiani americani, sottolineando come Meloni rischi il suo capitale politico per un confronto che potrebbe sfuggire di mano. Da giorni, Palazzo Chigi è al lavoro su ogni dettaglio: simulazioni, strategie di comunicazione, analisi delle mosse di Donald Trump, perfino consigli da chi ha già avuto a che fare con lui.
Non è tanto la conferenza stampa ufficiale a preoccupare il team italiano, quanto il cosiddetto “spray”, quei pochi minuti informali in cui i leader, seduti davanti ai giornalisti, rispondono senza copione. Trump ha trasformato questo momento in un terreno di scontro mediatico: ha umiliato Zelensky, provocato Macron, trasformando un passaggio formale in un comizio a braccio. Meloni, secondo fonti vicine, ha preparato diversi scenari di risposta. Se l’ex presidente la attaccasse pubblicamente su temi sensibili come la web tax o le misure italiane verso Big Pharma, lei è pronta a replicare — ma con tattica e misura, per non sembrare né debole né eccessivamente aggressiva.

A porte chiuse, la premier intende puntare su un dialogo politico tra pari. “Conservatrice io, conservatore lui”, avrebbe detto due sere fa a Palazzo Chigi, riferendosi alla comune partecipazione al CPAC. L’intento è quello di convincere Trump a evitare mosse che danneggino i partner europei della destra. Il messaggio sarà chiaro: sì all’unità dell’Occidente, no a dazi unilaterali o all’ambiguità su Putin. Se necessario, Meloni ribadirà il sostegno italiano a Kiev, rimarcando la pericolosità della strategia dilatoria russa. Il rischio, per lei, è quello di apparire troppo accomodante o, al contrario, di rompere un equilibrio precario tra ideologia comune e interessi nazionali.
Una carta potenzialmente vincente potrebbe essere la presenza di Elon Musk, che, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe far parte della delegazione americana al bilaterale. Il suo coinvolgimento potrebbe alleggerire i toni o, quantomeno, deviare l’attenzione dai punti più caldi dell’incontro. Musk ha già incrociato il cammino politico di Meloni e potrebbe rappresentare un ponte verso un confronto più orientato su innovazione e tecnologia, lasciando da parte, almeno in parte, la tensione geopolitica. Ma con Trump, nulla è prevedibile.
L’impressione diffusa a Washington è che, oggi a mezzogiorno (ora locale), si scenda in campo per una partita politica vera e propria. Il problema, però, è che il giocatore Donald Trump ama anche fare l’arbitro. Decide i tempi, cambia le regole, alza o abbassa il volume a seconda della convenienza. Meloni, consapevole del rischio, si è preparata come per una finale: niente spazio all’improvvisazione, ma con la prontezza necessaria a gestire un avversario imprevedibile. Ora resta da vedere se il confronto si concluderà con una stretta di mano strategica o con un colpo di scena internazionale.