
Con la morte di Papa Francesco, la Chiesa cattolica entra ufficialmente nel periodo di sede vacante, un momento regolato da antiche norme canoniche e scandito da ruoli ben precisi che garantiscono la continuità della macchina ecclesiastica. La responsabilità di guidare temporaneamente la barca di Pietro ricade su due figure centrali: il Camerlengo, oggi il cardinale statunitense Kevin Farrell, e il Decano del Collegio cardinalizio, l’italiano Giovanni Battista Re.
In questa fase, tutto si muove all’interno di un quadro giuridico stabilito dal Codice di diritto canonico, integrato da costituzioni apostoliche fondamentali: Praedicate Evangelium (Francesco, 2022), Universi Dominici Gregis (Giovanni Paolo II, 1996) e In Ecclesiarum Communione (Francesco, 2023). Ma la storia insegna che spesso le personalità e le dinamiche politiche interne alla Chiesa influiscono tanto quanto le norme scritte.
Il ruolo del Camerlengo e del Decano
Con la morte del Pontefice, Kevin Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, assume il compito cruciale di accertare ufficialmente il decesso, sigillare le stanze del Papa e gestire, con l’approvazione dei cardinali, le questioni amministrative più urgenti. Figura di fiducia di Francesco, è noto per la sua competenza nelle questioni economiche e per la sua guida del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Ma porta con sé anche l’ombra del suo passato a Washington, dove fu vescovo ausiliare sotto il discusso McCarrick.
Accanto a lui opera Giovanni Battista Re, Decano del Collegio cardinalizio, con un passato influente durante il pontificato di Giovanni Paolo II. A lui spetta il compito di convocare il Conclave, comunicare la morte del Pontefice al corpo diplomatico e presiedere le Congregazioni generali dei cardinali. Tuttavia, essendo ultranovantenne, Re non potrà presiedere il Conclave: a farlo sarà Pietro Parolin, il cardinale dell’ordine episcopale più anziano tra gli elettori.
Le dinamiche della sede vacante
Con l’inizio della sede vacante decadono tutte le cariche curiali, inclusi i capi dicastero e il Segretario di Stato Pietro Parolin, fatta eccezione per tre figure: il Penitenziere maggiore Angelo De Donatis, il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Diego Ravelli e l’Elemosiniere Apostolico Konrad Krajewski. I segretari dei dicasteri, tra cui i vice della Segreteria di Stato, proseguono nella gestione ordinaria degli affari. Rimane operativo anche il Vicariato di Roma, affidato a Baldassarre Reina e Renato Tarantelli, per garantire la continuità pastorale nella diocesi del Papa.
Nel frattempo, vengono estratti a sorte tre Cardinali Assistenti, uno per ogni ordine (vescovi, presbiteri e diaconi), per coadiuvare il Camerlengo nella gestione quotidiana e per trattare solo questioni di minore importanza.
Il Conclave in arrivo: chi tiene il timone
Tutto converge verso l’appuntamento centrale: il Conclave, convocato dal Decano del Collegio cardinalizio entro 15-20 giorni dalla morte del Pontefice. Qui si esprime la vera politica ecclesiale, un confronto tra geografie, ideologie, culture e alleanze. E se nella storia recente alcuni cardinali hanno esercitato pressioni fuori protocollo – come accadde con Tarcisio Bertone nel 2013 – oggi, grazie alla decentralizzazione voluta da Francesco, il Conclave si annuncia come un’arena meno “romano-centrica”, con una maggiore influenza da parte delle Chiese locali, specie del Sud del mondo.
Kevin Farrell e Giovanni Battista Re, coadiuvati dal collegio cardinalizio, tengono dunque il timone della Chiesa nella sua fase più delicata. Un equilibrio tra continuità e attesa, tra rito e strategia. Ma presto, in Sistina, la voce di un cardinale chiederà all’eletto: “Accetti la tua elezione?”. E da quel momento, il governo della Chiesa tornerà a essere monocratico. Con un nuovo Papa.