
È morto Alberto Franceschini, uno dei principali fondatori delle Brigate Rosse assieme a Renato Curcio e Margherita Cagol. Aveva 78 anni. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso, ma la notizia si è diffusa soltanto oggi, suscitando reazioni e ricordi in ambienti politici e storici.
Franceschini nacque a Reggio Emilia nel 1947, in una famiglia comunista di lunga tradizione. Fin da giovane si avvicinò agli ambienti della sinistra extraparlamentare, fino a diventare, alla fine degli anni Sessanta, uno dei protagonisti della nascita delle Brigate Rosse, l’organizzazione armata più nota degli anni di piombo.
Dalla lotta armata alla detenzione
Nel 1974, Alberto Franceschini venne arrestato a Pinerolo insieme a Renato Curcio, segnando uno dei primi successi dello Stato contro il nascente terrorismo rosso. Condannato a una lunga pena detentiva, trascorse più di quindici anni in carcere. Negli anni successivi alla scarcerazione, ha raccontato la sua esperienza in numerose interviste e libri, rivendicando l’errore della lotta armata ma mantenendo una visione critica verso le contraddizioni della società italiana.
Negli ultimi decenni aveva scelto una posizione più defilata rispetto alla scena pubblica, pur intervenendo di tanto in tanto nel dibattito sulla memoria degli anni Settanta. La sua figura resta legata, in modo indelebile, a una delle stagioni più oscure e divisive della storia repubblicana.