
Papa Francesco: Giovanni, il custode dell’ultimo viaggio – «Essere lì, accanto a lui, sarà come toccare il cielo. È un onore immenso per me accompagnarlo fino alla fine». Con una voce carica d’emozione, Giovanni racconta cosa significhi per lui questo momento. Gli occhi, velati da un dolore antico, brillano ora di una luce nuova. «È un privilegio essere stato scelto tra quei quaranta poveri che lui voleva al suo fianco». Saranno proprio i dimenticati, come desiderava Papa Francesco, ad accompagnarlo nel suo ultimo viaggio.
Giovanni, 56 anni, originario di Palermo, parla con orgoglio della sua «Sicilia». Da giovane si trasferì a Roma, ma oggi si muove lentamente, appoggiandosi a una stampella, a causa delle conseguenze di un ictus. Vive a Palazzo Migliori, un ex hotel di lusso trasformato da Papa Francesco in un rifugio per i senzatetto. «Un palazzo nobile. E senza offesa, qui dentro mi sento nobile anch’io», confida.
Giovanni ha vissuto una vita semplice come facchino d’albergo, fino a quando una tragedia sconvolse la sua esistenza. «Mia moglie aveva solo 24 anni, mia figlia 6. Sono morte investite da un ubriaco. Quel giorno mi è caduto il mondo addosso. Ho iniziato a tagliarmi, ho lasciato casa, il lavoro… tutto. Non volevo più vivere. Ho iniziato a dormire sotto le colonne del Vaticano», racconta con dolore. Fu lì che la Comunità di Sant’Egidio gli offrì una mano. «Andavo a mangiare a via Dandolo. Quando mi è venuto l’ictus, loro mi hanno raccolto. Mi hanno curato. E grazie a monsignor Santopadre sono stato accolto a Palazzo Migliori. Una stanza, un letto, una famiglia nuova», aggiunge.
Oggi durante le esequie in piazza San Pietro, Giovanni sarà tra coloro che saliranno i gradini di Santa Maria Maggiore con una rosa bianca in mano: poveri, migranti, transgender, detenuti. «Lui sarà accolto dalla Mamma Celeste che tanto amava, e noi, i suoi figli prediletti», dice Giovanni con una determinazione che supera la sua fragilità. «Sarà una giornata dura. Ma noi ci saremo. Non lo lasceremo solo», sottolinea.
Giovanni ricorda due incontri speciali con Papa Francesco, che gli sono rimasti impressi nel cuore. «Una volta lo vidi entrare in un negozio di occhiali. Io ero fuori, al McDonald’s, a chiedere l’elemosina. Lo riconobbi e lui mi salutò con la mano. Fu come una luce improvvisa. Un’altra volta lo incrociai in piazza, mentre mendicavo. Anche solo vederlo scaldava il cuore, come il calore di una stufa in una notte d’inverno». Per Giovanni, Francesco era più di un Papa: era una guida e un faro di speranza. «Quando non hai più niente, lui ti restituisce un senso. Ho una piccola Bibbia che leggo ogni sera. E ogni volta che parlava, sembrava parlasse proprio a me. Diceva: voi contate, siete importanti. E io tornavo a sentirmi vivo», ricorda. Oggi Giovanni farà un fioretto: non mangerà nulla, in segno di ringraziamento. «È il mio modo per dirgli grazie. Avrei voluto farlo guardandolo negli occhi, ma forse anche il silenzio dirà tutto. Non basterebbe tutto l’inchiostro del mondo per scrivere quanto gli ho voluto bene», ha confidato.
Con la sua stampella e una rosa bianca, Giovanni salirà quei gradini. «Sarà lì, con la Mamma Celeste. E noi saremo con lui. Alla fine, ha scelto di stare accanto a chi gli ha voluto bene davvero. Perché la cosa più bella non è ricevere amore, ma donarlo. E lui, fino all’ultimo respiro, l’ha donato tutto», conclude il senzatetto.