
Le parole del presidente argentino Javier Milei su Papa Francesco, pronunciate in tv qualche tempo fa, continuano a suscitare forti reazioni e polemiche a livello internazionale. In un intervento dai toni durissimi, il leader libertario non ha risparmiato attacchi personali e politici contro il Pontefice, accusandolo di essere vicino a regimi autoritari e di promuovere ideologie contrarie ai valori della Chiesa cattolica.
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Le frasi shock contro il Pontefice
«Fa politica, ha una grande affinità con dittatori come Castro e Maduro, cioè è dalla parte di una dittatura sanguinaria. Ha un’affinità coi comunisti assassini, infatti non li condanna. Un imbecille che sta a Roma! Rappresenta il male sulla terra e occupa il trono della casa di Dio. Il Papa promuove il comunismo». Con queste dichiarazioni, Javier Milei ha descritto il capo della Chiesa cattolica in termini che non hanno precedenti nel linguaggio diplomatico tra capi di Stato.
Non si tratta solo di una divergenza ideologica: il tono delle affermazioni, la violenza verbale e l’uso di termini come “imbecille” o “male sulla terra” hanno sollevato interrogativi sulla tenuta dei rapporti tra l’Argentina e la Santa Sede, due realtà profondamente legate anche sul piano storico e culturale.
Un attacco politico e simbolico
Le parole del presidente argentino non sono isolate. Milei ha costruito buona parte della sua carriera politica sulla contrapposizione netta a tutto ciò che considera parte del “sistema”: dalla burocrazia statale al socialismo, dalla tassazione alla Chiesa quando questa si esprime su temi economici e sociali. In questo senso, il Papa rappresenta per lui un bersaglio simbolico: un’autorità morale che parla spesso di equità, solidarietà e diritti dei più poveri, concetti ritenuti da Milei strumenti del “parassitismo di Stato”.
L’attacco diretto al Pontefice, però, supera la dialettica politica per entrare in un terreno scivoloso: quello dello scontro ideologico e religioso. Definire il Papa “il male sulla terra” significa non solo rifiutare la sua figura istituzionale, ma delegittimare spiritualmente la sua missione per milioni di cattolici, inclusi moltissimi argentini.
Le reazioni e il silenzio del Vaticano
Il Vaticano, finora, ha scelto la strada del silenzio. Nessuna dichiarazione ufficiale ha commentato l’accaduto, mantenendo una linea di prudenza che caratterizza da sempre la diplomazia della Santa Sede. Tuttavia, le parole di Milei non possono passare inosservate: non solo per la gravità delle accuse, ma anche perché provengono dal capo dello Stato di origine del Papa stesso, il primo Pontefice argentino nella storia della Chiesa.
La comunità cattolica argentina appare divisa: c’è chi prende le distanze dalle parole del presidente, sottolineando la centralità morale di Francesco per il Paese e per il mondo intero, e chi invece vede in Milei un leader coerente che non teme di sfidare poteri consolidati, compresi quelli religiosi.

Il contesto di un conflitto ideologico profondo
Le parole di Javier Milei vanno lette anche alla luce del contesto politico interno dell’Argentina. In un momento di crisi economica, con un’inflazione galoppante e una crescente tensione sociale, il presidente ha bisogno di rafforzare il suo profilo da “uomo solo al comando”. In questo schema, l’attacco al Papa serve a consolidare il consenso tra i settori più radicali del suo elettorato, che vedono nel messaggio sociale della Chiesa una forma di ostacolo alla modernizzazione economica.
Ma la strategia rischia di rivelarsi un boomerang diplomatico. Colpire il Pontefice non solo isola l’Argentina sul piano internazionale, ma può anche generare fratture all’interno del Paese, dove il Papa resta una figura carismatica per una parte consistente della popolazione.
Un linguaggio che mina il dialogo
La gravità delle affermazioni non sta soltanto nei contenuti, ma anche nella forma. Utilizzare termini come “imbecille”, “comunista assassino” o “male sulla terra” contro un capo religioso rappresenta una rottura con il linguaggio istituzionale e una sfida ai canoni della convivenza democratica. Il ruolo di un presidente non è solo quello di governare, ma anche di rappresentare l’equilibrio e la dignità delle istituzioni. In questo senso, il linguaggio scelto da Milei solleva interrogativi sulla compatibilità tra la sua leadership e i principi del dialogo internazionale.