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Perché non devi dire “grazie” o “per favore” a ChatGPT. Motivo serissimo

Pubblicato: 03/05/2025 12:43
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La consuetudine di utilizzare formule di cortesia come “per favore” o “grazie” quando si interagisce con l’intelligenza artificiale è ormai diffusa. Per molti, rivolgersi in modo educato a un chatbot come ChatGPT è un riflesso automatico, una forma di rispetto che rispecchia il modo in cui ci si relaziona con altri esseri umani. Ma questa abitudine, apparentemente innocua, ha implicazioni concrete sul piano tecnico, economico e culturale. La gentilezza, quando diretta a una macchina, solleva interrogativi su come stiamo plasmando il nostro rapporto con la tecnologia.
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Il peso reale delle parole gentili

Una ricerca condotta nel dicembre 2024 ha mostrato che la maggior parte degli utenti è solita usare formule di cortesia nelle interazioni con l’IA: il 71% nel Regno Unito e il 67% negli Stati Uniti dichiara di rivolgersi in modo educato a chatbot come ChatGPT. Questo comportamento è tanto più frequente quanto più il sistema di intelligenza artificiale appare umano e comprensivo. È la personificazione della macchina a stimolare una risposta empatica da parte degli utenti, spingendoli a trattare l’IA non come uno strumento, ma come un interlocutore dotato di sensibilità.

Tuttavia, dal punto di vista tecnico, questa gentilezza non ha alcun effetto sulla precisione o efficacia delle risposte. I modelli linguistici come ChatGPT non reagiscono meglio o peggio in base alla cortesia con cui vengono interpellati. Ma ciò non significa che le formule educative siano irrilevanti: ogni parola aggiuntiva in un prompt comporta un utilizzo maggiore di risorse computazionali. In altre parole, più è lungo il messaggio inviato al chatbot, più energia è richiesta per processarlo.

Il costo di questa abitudine non è soltanto simbolico. Secondo quanto dichiarato da Sam Altman, CEO di OpenAI, le formule di cortesia hanno comportato “decine di milioni di dollari” in costi aggiuntivi. È una cifra che riflette la portata globale di un fenomeno apparentemente marginale: se milioni di persone, ogni giorno, aggiungono anche solo una manciata di parole per educazione, il risultato è un aumento esponenziale del consumo energetico necessario per far funzionare l’IA.

L’impatto ambientale della cortesia digitale

Oltre al piano economico, la cortesia verso l’intelligenza artificiale solleva una questione di sostenibilità ambientale. Ogni singola interazione con un chatbot richiede energia elettrica e l’impiego di server che consumano risorse e generano emissioni di CO₂. Sebbene l’impatto di una singola frase sia trascurabile, il quadro cambia radicalmente quando si considera il volume globale di utilizzo. Da questo punto di vista, non ci sono motivi oggettivi per essere gentili con una macchina: la cortesia, in ambito digitale, ha un costo ambientale reale.

Questa realtà entra in contrasto con l’intuizione umana, che tende a trasferire i codici sociali del mondo fisico in quello digitale. Tuttavia, alcune aziende stanno iniziando a considerare questi aspetti nei loro calcoli di efficienza e impatto. Se l’obiettivo è quello di ridurre il carico computazionale, potremmo trovarci a dover ripensare il nostro linguaggio quando interagiamo con l’IA.

La dimensione culturale e il rischio sociale

Nonostante gli argomenti tecnici e ambientali, c’è chi sottolinea l’importanza culturale della cortesia verso l’IA. Secondo alcuni esperti, il modo in cui ci rivolgiamo alle macchine intelligenti ha un effetto riflesso sul nostro comportamento umano. Mostrare rispetto, anche a un’entità che non lo percepisce, può contribuire a consolidare atteggiamenti civili e rispettosi nella comunicazione.

Jaime Banks, studiosa delle relazioni uomo-macchina, sottolinea che le interazioni con l’IA non sono prive di conseguenze: «Costruiamo norme e script comportamentali che poi applichiamo anche agli altri». In altre parole, abituarsi a essere scortesi con un chatbot può generare un atteggiamento più ruvido e meno empatico anche nelle relazioni umane.

La tecnologia, quindi, diventa un campo di addestramento sociale, dove si sperimentano e si rinforzano abitudini che finiscono per riflettersi nel mondo reale. In questo senso, la cortesia digitale può essere vista come una forma di educazione civica 4.0, un esercizio di rispetto che, pur non avendo effetti sulla macchina, mantiene vivi certi standard etici.

Tra efficienza e umanità: una questione ancora aperta

Il dibattito sulla cortesia verso l’intelligenza artificiale è ben lontano dall’essere chiuso. Da una parte c’è l’esigenza di ottimizzare i costi e ridurre l’impatto ambientale, dall’altra la necessità di mantenere un linguaggio rispettoso che contribuisca a rafforzare relazioni sociali positive. Il futuro dell’interazione uomo-macchina passa anche da qui: dalla scelta, apparentemente banale, di dire o meno “per favore”.

Nel frattempo, mentre l’uso dell’IA si diffonde sempre più, ogni parola che scriviamo – gentile o meno – contribuisce a costruire il modo in cui vivremo e interagiremo con la tecnologia. Con costi, implicazioni e responsabilità che non possono più essere ignorati.

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