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Incidente micidiale, Massimo muore dopo la terribile agonia: “Buono come il pane”

Pubblicato: 06/05/2025 10:06
Rogno Massimo Santucci muore

Una tragedia silenziosa, arrivata dopo settimane di speranza e attesa. Massimo Santucci, 67 anni, originario di Lovere, si è spento domenica 4 maggio all’hospice di Pisogne, dove era stato trasferito pochi giorni prima. Il 13 aprile scorso, mentre era alla guida della sua auto a Rogno, un infarto lo aveva colto all’improvviso. Dopo due settimane in ospedale, il suo cuore si è fermato per sempre. Con lui se ne va non solo un appassionato sportivo, ma anche una figura stimata e benvoluta nella comunità.
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Un malore al volante dopo una giornata di sport

Quel pomeriggio, come tanti altri, Massimo Santucci lo aveva trascorso tra i suoi grandi amori: il tennis e le chiacchiere con gli amici. Una routine fatta di piccoli gesti, di passione sincera e di voglia di stare insieme. Dopo una partita al campo di Rogno, dove era di casa, Massimo era salito in macchina con l’amico di sempre, Lucio Fusarri, per rientrare. Ma all’altezza della rotonda della Rondinera, la tragedia.

Colpito da un infarto fulminante, ha perso il controllo dell’auto, sbandando, attraversando la carreggiata e finendo contro il muretto e la siepe di un’abitazione privata. L’amico accanto a lui ha raccontato l’accaduto con la voce rotta: “In un attimo ci siamo ritrovati fuori strada. Lui era incastrato, io non riuscivo a uscire perché un palo premeva sulla portiera”.

Sono stati i residenti a prestare i primi soccorsi, subito seguiti dai vigili del fuoco e dal personale del 118, intervenuto anche con l’elisoccorso. Ricoverato d’urgenza all’ospedale di Esine, le sue condizioni sono apparse fin da subito critiche. Quando i medici hanno spiegato alla famiglia che non c’erano più possibilità concrete di ripresa, Massimo è stato trasferito all’hospice, dove si è spento pochi giorni dopo.

Una vita tra lavoro, sport e comunità

Impiegato per anni, Massimo Santucci aveva concluso la sua carriera lavorativa nel 2020, da dipendente amministrativo presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Ma il vero cuore della sua vita batteva per lo sport dilettantistico locale, in particolare per la Virtus Lovere, squadra di pallavolo della quale era segnapunti e accompagnatore. Sempre presente, sempre disponibile, sempre dietro le quinte ma fondamentale per l’organizzazione e lo spirito di gruppo.

Sua figlia Chiara, insieme al fratello Alessandro, lo ricorda con emozione: “Dava una mano alla Virtus, ma la sua vera passione era il tennis. Per un periodo aveva anche gestito il campo di Rogno, dove tornava sempre volentieri”. Una passione, quella per il tennis, che non ha mai abbandonato. Una forma di socialità, di benessere, di felicità quotidiana.

A ricordarlo con affetto è anche l’amico Lucio Fusarri, allenatore di pallavolo e tennista: “Massimo era una bravissima persona. Lo dico con il cuore, non solo perché eravamo amici: era altruista, gentile, sempre pronto ad aiutare. È una perdita enorme, per tutti noi”.

Un dolore che unisce una comunità

La scomparsa di Massimo Santucci ha lasciato un vuoto profondo nella comunità di Lovere e nei paesi vicini. Le sue qualità umane, la dedizione al volontariato sportivo, la discrezione e la generosità erano apprezzate da chiunque lo conoscesse. Non un personaggio pubblico, ma una di quelle figure fondamentali che tengono insieme il tessuto sociale dei piccoli centri: con costanza, con semplicità, con amore per ciò che fanno.

Oggi sono in tanti a piangerlo. Non solo la famiglia, ma anche i ragazzi della Virtus Lovere, i tennisti del campo di Rogno, gli ex colleghi dell’ospedale. Una comunità intera che si stringe attorno a Chiara e Alessandro, testimoni di un’eredità fatta di valori autentici.

Massimo Santucci se n’è andato in silenzio, così come aveva sempre vissuto: con sobrietà, passione e rispetto per gli altri. Ma il suo ricordo resterà vivo, nei sorrisi di chi scenderà in campo, nei racconti degli amici, nelle parole che oggi, commosse, raccontano la storia di un uomo perbene.

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