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Trump, ecco quanto paga ogni immigrato per lasciare gli Usa

Pubblicato: 06/05/2025 09:28
Trump migranti mille dollari

L’amministrazione Trump torna a puntare sull’immigrazione con una misura tanto sorprendente quanto controversa: un incentivo da 1.000 dollari per ogni migrante irregolare che decide volontariamente di auto-deportarsi dagli Stati Uniti. Secondo quanto riportato dal New York Post, il nuovo programma federale prevede anche la copertura dei costi del volo verso il Paese di origine e l’azzeramento del rischio di arresto per chi aderisce all’iniziativa.
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Un programma per ridurre i costi della detenzione

Il piano, gestito dal Dipartimento per la Sicurezza nazionale, si rivolge ai migranti illegali attualmente presenti sul suolo americano. Chi sceglie di abbandonare volontariamente gli Usa dovrà farlo attraverso l’applicazione CBP Home, uno strumento già utilizzato per il controllo doganale. Dopo aver confermato l’uscita dal Paese, i partecipanti riceveranno il bonus di 1.000 dollari, finanziato con fondi federali.

Le autorità statunitensi sostengono che il programma genererà un risparmio netto per i contribuenti, stimato in fino a 1 milione di dollari per nucleo familiare. Il calcolo tiene conto dei costi medi legati alla detenzione, alle procedure giudiziarie e alla deportazione forzata, che secondo le agenzie governative rappresentano una voce crescente del bilancio federale in materia di immigrazione.

Secondo le prime proiezioni, la misura potrebbe attirare migliaia di persone che si trovano in condizioni di soggiorno irregolare, offrendo loro un’alternativa meno traumatica alla detenzione e all’espulsione coatta. Tuttavia, non mancano le critiche, sia da parte delle associazioni per i diritti umani sia da alcuni settori dell’opposizione democratica, che accusano l’amministrazione di voler incentivare una fuga programmata anziché affrontare le cause profonde dell’immigrazione.

La strategia di Trump tra confini e geopolitica

Questa mossa rientra nella più ampia strategia anti-immigrazione di Donald Trump, che ha fatto del controllo delle frontiere uno dei pilastri del proprio programma politico. Durante il suo precedente mandato, l’ex tycoon aveva già adottato misure drastiche come il blocco dei visti, la costruzione del muro al confine con il Messico e la separazione delle famiglie di migranti.

Nel frattempo, il presidente è tornato a parlare di geopolitica internazionale, sottolineando l’importanza del dialogo con altri leader globali. In un messaggio pubblicato sulla piattaforma Truth, Trump ha dichiarato di aver avuto una “ottima e produttiva” conversazione telefonica con il presidente turco Recep Erdogan. Tra i temi affrontati, ha citato il conflitto tra Russia e Ucraina, la situazione in Siria, la crisi a Gaza e altre questioni regionali.

“Erdogan mi ha invitato a recarmi in Turchia, e io ho ricambiato l’invito a Washington”, ha scritto Trump, aggiungendo di essere pronto a collaborare per fermare immediatamente la guerra tra Russia e Ucraina, definita “ridicola, ma mortale”. L’intenzione dichiarata è quella di proporre una mediazione diplomatica alternativa rispetto ai canali finora adottati da NATO e Unione Europea, con un approccio più diretto e meno vincolato agli equilibri multilaterali.

Tra politica interna e diplomazia internazionale

Le dichiarazioni di Trump mostrano una volontà di rafforzare il proprio ruolo sulla scena internazionale proprio mentre cerca di consolidare il consenso interno in vista delle elezioni. Da un lato, il piano di incentivi economici per l’auto-deportazione si rivolge a una fascia dell’elettorato particolarmente sensibile ai temi dell’immigrazione; dall’altro, l’apertura al dialogo con leader come Erdogan rafforza la sua immagine di statista capace di intervenire anche nei dossier globali più delicati.

Se da una parte la misura sui migranti irregolari promette di alleggerire il carico finanziario e burocratico del sistema di espulsioni, dall’altra solleva interrogativi etici e giuridici su come si definisca la volontarietà di una scelta che arriva sotto pressione economica e legale. Il confine tra incentivo e ricatto, in questo contesto, appare sottile.

La doppia linea — restrittiva sull’immigrazione e proattiva sul piano diplomatico — lascia intravedere una campagna elettorale in cui Trump continuerà a puntare sulla sicurezza dei confini e sul suo presunto ruolo di negoziatore globale, pronto a intervenire per mettere fine alle guerre che dividono il mondo. Con una retorica che unisce nazionalismo economico e ambizioni internazionali, il presidente statunitense cerca di rafforzare la propria leadership in patria e all’estero.

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