
Ci sono luoghi in cui l’infanzia dovrebbe restare inviolata. Dove il suono più forte dovrebbe essere quello di una risata, non l’eco sordo di una detonazione. Ma in certe parti del mondo, anche la scuola può trasformarsi in un bersaglio. Muri nati per proteggere si sgretolano in polvere, mentre quaderni e zaini diventano testimoni muti di un’assenza che non si può colmare. In questi spazi sospesi tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è, ogni giorno si consuma il dramma di chi non ha colpe ma paga comunque il prezzo più alto.
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È nei luoghi dove si cerca rifugio che la tragedia fa più rumore. I corridoi di un edificio scolastico, abitati da centinaia di sfollati, si trasformano in corsie d’emergenza. Le voci si alzano, ma non sono più quelle degli insegnanti: sono le urla dei soccorritori, i pianti dei sopravvissuti, i comandi concitati tra le macerie. E poi il silenzio, quello che arriva quando le sirene smettono di suonare e resta solo la polvere sospesa nell’aria. È in questo vuoto che si raccolgono le storie interrotte, i nomi che il mondo rischia di dimenticare.

Scene di devastazione
Martedì 6 maggio, nella Striscia di Gaza, un attacco aereo israeliano ha colpito due volte, nello stesso giorno, una scuola all’interno del campo profughi di al-Bureij, causando una delle giornate più sanguinose dall’inizio dell’offensiva. Il primo attacco ha provocato la morte di 20 persone, seguito poche ore dopo da un secondo raid che ha ucciso altre 9 persone. Due feriti sono deceduti successivamente, portando il bilancio a 31 vittime. Le immagini arrivate da Gaza raccontano una realtà devastante: corpi senza vita, bambini feriti e soccorritori che, tra le urla e il fumo, tentano di trasportare i superstiti all’ospedale Al Awda a Nuseirat, già colpito in passato e ora al limite della propria operatività.

Un giovane talento spezzato
Tra le vittime c’era anche Hassan Ayyad, un giovane cantante di 14 anni diventato un simbolo di speranza e resistenza. La sua voce era nota sui social come TikTok, Instagram e X, dove migliaia di persone avevano imparato a conoscerlo per le sue canzoni sulla guerra e la pace. La sua musica, che raccontava il dolore e la voglia di vita, è stata silenziata da un’esplosione. Il suo ultimo brano recitava: “Con gli aerei da guerra, abbiamo assaporato il sapore della morte…”. Ora quelle parole assumono un significato ancora più tragico.
Hassan Ayyad, a Palestinian boy known for singing about war in Gaza and life under siege, has been killed in an Israeli military attack. pic.twitter.com/BQgRn8iiJC
— Al Jazeera English (@AJEnglish) May 6, 2025
L’esercito israeliano rivendica l’attacco
L’esercito israeliano ha rivendicato l’operazione, affermando di aver colpito un “centro di comando” militare. Ma il bilancio civile rimane drammatico: solo nella giornata di martedì, le autorità sanitarie locali hanno contato almeno 46 morti in tutta la Striscia. La comunità internazionale continua a lanciare appelli, ma ogni raid sembra sotterrare con le macerie anche le richieste di pace.
Sui social, in molti hanno reso omaggio ad Hassan. Il giornalista di Gaza Mahmoud Bassam ha scritto su X: “Oggi la sua voce è stata messa a tacere per sempre… Il bambino che cantava della morte si è ora unito a coloro che piangeva: il suo addio è stato nobile quanto le sue parole.” In mezzo al caos, la sua storia è diventata simbolo di tutte quelle vite giovani spezzate troppo presto, che non avranno mai il tempo di vedere la pace per cui cantavano.