
La Cappella Sistina era come sospesa in un silenzio che non sembrava nemmeno umano. I cardinali attendevano, seduti, immobili, mentre il nome era stato pronunciato e tutte le attenzioni si erano riversate su di lui, Robert Francis Prevost, cardinale agostiniano, americano, chiamato a diventare successore di Pietro. Il suo sguardo era calmo, ma non assente. Non cercava sponda né conforto. Solo dopo alcuni lunghissimi secondi, ha detto: “Accepto”.
Un sì che ha cambiato la storia: il racconto di Parolin
Solo allora, la Sistina ha rotto il silenzio. Prima con un brusio trattenuto, poi con un applauso lento, crescente, fragoroso. Era qualcosa di più di un gesto di prassi. Lo conferma chi era lì: “Un applauso lunghissimo, corale, commosso”, lo ha definito il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, in una lettera pubblicata dal “Giornale di Vicenza”.

Papa Leone XIV, Paolin svela cos’è successo dopo il voto
Parolin racconta quel momento con una punta di emozione rara: “Mi ha colpito la serenità del suo volto in un momento così intenso, direi quasi drammatico. Perché sì, diventare Papa cambia radicalmente la vita di un uomo”. Non è la freddezza del burocrate né l’emozione del novizio. È la consapevolezza che si legge sul volto di chi sa. Sa cosa significa caricarsi sulle spalle la Chiesa. Sa che non si è mai davvero pronti. E lo accetta lo stesso.
Una conoscenza nata in Perù
Non è la prima volta che Parolin parla di Prevost con ammirazione. La loro conoscenza risale a una fase delicata della vita ecclesiale in America Latina: “Lo conobbi all’inizio del mio servizio da Segretario di Stato”, scrive il cardinale, “per una questione complessa che riguardava la Chiesa in Perù. Lui era Vescovo a Chiclayo, e mi colpì la sua pacatezza e il rispetto con cui affrontava tutto”. Un dettaglio che oggi risuona ancora più forte: il futuro Leone XIV era già, allora, un uomo di equilibrio. E nel mosaico fragile della Chiesa di oggi, quell’equilibrio pesa oro.

Il Papa venuto da Chicago: cosa pensa Parolin di Prevost
Nato a Chicago, con una lunga formazione negli Stati Uniti e in Europa, Robert Prevost è un Papa di confine. Ma non geografico: di confine spirituale. Perché viene da un ordine, quello degli agostiniani, che coltiva la ricerca, la parola, la memoria. E nel suo primo affaccio dalla Loggia di San Pietro, Leone XIV ha scelto parole semplici, che Parolin definisce “un segnale forte”: rispetto, attenzione, amore. Parole che non fanno rumore, ma che – come le gocce – scavano. Il nome scelto richiama figure forti del passato. Non solo Leone Magno, ma anche Leone XIII, il Papa della dottrina sociale della Chiesa. È un nome che parla “di forza, ma anche di visione”. E forse è questo che il collegio cardinalizio ha voluto premiare. Parolin lo dice con cautela, ma senza nascondere la fiducia: “Ha ben presenti i problemi del mondo, come ha dimostrato fin dalle prime parole”.
“Credo che il nuovo Papa saprà trovare nella sua grande esperienza di religioso e di pastore, e nell’esempio del grande padre Agostino, le risorse per svolgere il ministero che il Signore gli ha affidato”, conclude Parolin. Leone XIV è appena all’inizio, ma se il buongiorno si vede dal volto (non solo dal mattino) allora la sua sarà una Chiesa che non ha bisogno di urlare per farsi sentire.