
Ci sono canzoni che resistono al tempo, che continuano a vivere nei ricordi di chi le ha amate e in quelli di chi le scopre per caso, magari in un momento di fragilità o d’euforia. Ci sono parole che si incollano all’anima, che tornano nei momenti cruciali, come fossero bussola ed eco. E ci sono artisti che, con quelle parole, hanno saputo dare voce a un sentimento collettivo, trasformando le proprie esperienze personali in memoria condivisa.
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Capita così che un brano nato nel silenzio di una crisi personale diventi colonna sonora di notti senza sonno, di sogni ancora acerbi, di paure troppo grandi per essere confessate. E capita che, decenni dopo, quelle stesse parole siano ancora lì, fresche e potenti, a raccontare un’Italia che cambia senza cambiare, specchio fedele delle stesse angosce, speranze e dolori che un tempo sembravano solo nostri.
Venditti e la genesi della sua “Notte prima degli esami”
“Mi sono messo al piano e magicamente una mattina mi è arrivata. Tutta d’un botto”, racconta Antonello Venditti in un’intervista al Corriere della Sera. È così che nacque la sua “Notte prima degli esami”, canzone diventata nel tempo un simbolo generazionale, capace di emozionare ragazzi di ogni epoca. Un brano che, come accade ogni anno, torna alla ribalta nel periodo degli esami, rinnovando quel legame profondo tra musica e vita.
Era un momento complicato: il cantautore romano stava attraversando una fase di depressione seguita alla separazione dalla moglie Simona Izzo. “Avevo paura del pubblico e pensai al suicidio. Con la macchina. L’unica cosa che mi era rimasta. Ma desistetti”, confessa. Ad aiutarlo a risalire fu Lucio Dalla, che gli trovò una casa in Brianza e gli disse: “Devi tornare”. In quel periodo nacquero alcuni dei suoi brani più noti: “Ci vorrebbe un amico”, “Grazie Roma” e, appunto, “Notte prima degli esami”.

Il peso dell’infanzia e la lotta contro il bullismo
Venditti ripercorre anche i momenti difficili dell’infanzia, segnata da un rapporto conflittuale con la madre: “Mi chiamava ‘grasso come un maiale’. Era una brava persona, ma le mancava l’empatia”. Una frase che racchiude anni di dolore e isolamento, aggravati dal peso: “Fino a 16 anni non ho praticamente vissuto. Poi un incidente, l’ospedale, e in due mesi persi 30 chili”.
Una famiglia complicata, con un padre viceprefetto spesso assente ma capace di imporsi con durezza. Una giovinezza segnata dal bullismo, oggi spesso trasferito sui social network. Proprio lì, Venditti è stato vittima di un fake che lo ha accusato ingiustamente di aver offeso una disabile. “È stato un montaggio. Un fake di cui nemmeno io mi ero accorto. Ho chiesto scusa alla ragazza, ma ora c’è una denuncia al tribunale di Andria contro l’autore. L’assurdo è che c’è gente che mi chiede se ai miei concerti sono ammessi i disabili”.
I grandi incontri e il peso della memoria
Nel suo racconto, Antonello Venditti parla anche dei suoi legami con altri protagonisti della musica italiana. Definisce Francesco De Gregori “un fratello siamese”, mentre su Rino Gaetano dice: “È stato molto sottovalutato”. Più critico invece il ricordo di Lucio Battisti: “Non lo consideravamo molto, non scriveva i testi. Era simpatico però, un romanaccio. Ma le braccia tese sono roba di Mogol”.
E torna ancora su Claudia, la ragazza citata in “Notte prima degli esami”: “Era la mia fidanzata dell’epoca, perdemmo insieme la verginità. L’amore, il sesso la prima volta può essere un atto violento. Ma non potevo farle male”. Un ricordo intimo, che fa da contrappunto alla maturità sentimentale di oggi: “Sto con Anna, un amore fondato sulla stima. Quando ero giovane pensavo che la stima fosse l’antiamore. Oggi è il fondamento della nostra storia”.
Politica, anarchia e nuove generazioni
Non manca uno sguardo alla politica attuale, che Venditti osserva con distacco ma non senza lucidità: “Sono ancora di sinistra? Sono un anarchico ormai. Certo non sono di destra. Giorgia Meloni è una ragazza che lavora. Sa l’inglese, quando c’erano premier che non parlavano manco l’italiano. Non so se la stimo, ma le riconosco l’impegno. Elly Schlein? Con lei c’è un problema di comunicazione”.
Quanto alla musica contemporanea, Venditti non vede un vero erede. Apprezza alcuni artisti emergenti come Achille Lauro e Lucio Corsi, ma resta critico: “Il problema è che sono tutti a scadenza. Hanno dentro la morte artistica, vedi i Maneskin”. E conclude con un appello: “Bisognerebbe inserire la musica nella Costituzione. Per preservarla”.
In queste parole, come nelle sue canzoni, si coglie la complessità di un uomo che ha attraversato generazioni, crisi e rinascite, portando con sé il peso del passato e la luce di una voce che ancora oggi sa farsi ascoltare.