
Un boato metallico ha squarciato il silenzio della statale Aurelia la sera del 28 marzo: due furgoni portavalori bloccati, un ordigno piazzato con precisione chirurgica, quindi le fiamme che divorano il cassone e il futuro di quei vigilantes costretti a fuggire sotto il fuoco di pistole calibro d’assalto. Sembrava la scena di un film, eppure il colpo – un bottino da 3 milioni di euro in contanti – è stato compiuto davvero, in un tratto di superstrada stretta a una sola corsia per dei lavori in corso, alle porte di San Vincenzo (Livorno).
Le immagini amatoriali, riprese da testimoni a distanza di sicurezza, hanno catturato il volto coperto dai passamontagna dei rapinatori, le esplosioni, le urla di terrore e di comando. Da quella notte d’adrenalina e piombo, però, è partita anche la tese indagine dei carabinieri di Livorno. Trentadue giorni di pedinamenti, intercettazioni e servizi sotto copertura, fino all’alba di oggi, quando 300 militari hanno fatto irruzione in nove province diverse per eseguire 11 ordinanze di custodia cautelare.

Tutti i fermati – italiani, di età compresa tra 33 e 54 anni – sono di origini sarde e ritenuti gli artefici di quella rapina pluriaggravata. C’è chi ha piazzato l’esplosivo, chi ha maneggiato le armi da guerra e chi ha organizzato il tamponamento con un furgone per animali, poi incendiato come diversivo. C’è chi ha costruito alibi di comodo, rubando veicoli destinati alle testate dei portavalori, e chi ha svolto per mesi i sopralluoghi in borghese, mappando ogni punto debole del convoglio.
Dalle perquisizioni emergono arsenali privati di pistole mitragliatrici e centinaia di munizioni, bottiglie di esplosivo ancora pronte all’uso e telefoni criptati. Il quadro è quello di un’organizzazione metodica, capace di pianificare un blitz tanto spettacolare quanto spietato.
Oggi, chiusi nelle celle delle caserme in attesa del giudice, quei volti nascosti tornano a essere umani: undici vite spezzate dal desiderio di arricchirsi con un colpo solo. Ma per i carabinieri di Livorno, questo è soprattutto il trionfo dell’inchiesta: dal fragore delle esplosioni alla placida alba di Lombardia, Lazio, Toscana e Sardegna, la “banda sarda” non potrà più seminare paura sull’Aurelia né altrove.