
È calata sulla quiete della pianura veneta una tensione inedita: nell’arco di poche ore, carabinieri in tenuta antisommossa hanno ispezionato ogni angolo della casa di Porto di Legnago dove, il 79enne Clara Rossignoli viveva con il nipote 37enne e la sua compagna. Una perquisizione serrata, che si è estesa anche al giardino e ha richiamato sul posto la Sezione investigazioni scientifiche dell’Arma.
Quella casa, fino a pochi giorni fa, era solo il ricordo di un’anziana molto attiva in paese, vista l’ultima volta l’8 aprile mentre faceva la spola tra la tabaccheria e il bar. Da allora, il nulla: borsa e cellulare lasciati a casa, nessuna traccia fino alla denuncia di scomparsa presentata dal nipote, qualche giorno più tardi.
Di fronte agli investigatori, il nipote e la compagna sono stati convocati come persone informate sui fatti. Dopo un lungo interrogatorio sabato, i due sono usciti dalla caserma non liberi: i loro nomi compaiono ora nel registro degli indagati, pur senza un capo di imputazione definitivo reso noto dalla Procura di Verona. Si parla di “accertamenti in corso” su possibili omissioni o depistaggi, a fronte di contraddizioni emerse nei loro racconti circa le ultime ore in cui Clar a si sarebbe allontanata.
Prima del blitz, le voci sulla sparizione corsero veloci: c’era chi raccontava di una donna in difficoltà economica, impegnata a “far quadrare i conti” fra nipote disoccupato e lavori saltuari della sua compagna. Altri, però, giuravano di non averla vista al bar da martedì. La figlia, contattata da Fanpage, ribadisce: «Nessuna malattia, nessun debito. Mia madre non sarebbe mai sparita volontariamente, escludo il suicidio. Voglio solo che mi restituiscano il suo corpo».
Oggi, mentre le carte dell’inchiesta si ingrossano di nuovi verbali, il paese tiene il fiato sospeso. Il mistero di Clara Rossignoli si infittisce, e solo il confronto fra prove scientifiche e testimonianze potrà chiarire se quella mattina d’aprile la donna abbia incontrato qualcuno di cui si poteva fidare… o qualcuno destinato a serrare per sempre le labbra davanti a ogni domanda.