
A diciotto anni da quella calda sera d’agosto, la villetta di via Pascoli a Garlasco torna al centro di un’inchiesta che si annuncia rivoluzionaria. Per anni, Alberto Stasi ha rappresentato l’unico volto dell’accusa, condannato all’ergastolo (ridotto poi a 16 anni) per l’omicidio di Chiara Poggi, la 26enne trovata senza vita nell’agosto 2007. Oggi, mentre Stasi si avvia alla conclusione della sua pena, un altro nome emerge tra le ombre dei gradini che conducono alla taverna: Andrea Sempio.
L’indagine «di Vigevano», come l’ha definita un magistrato a margine degli ultimi atti, «non è stata a 360 gradi»: concentrata su un unico sospettato, non avrebbe esplorato senza pregiudizi altre piste. «Per me, a oggi, l’indagato è Andrea Sempio. Poi sono convinto che, sulla scena, vi fossero altre persone» ha affermato lo stesso magistrato, lasciando intendere che la chiave per chiudere i buchi dell’inchiesta potrebbe trovarsi in una lista di DNA ancora da analizzare.
Nei mesi scorsi, il Ris di Parma ha recuperato nuovi reperti: un’impronta palmare sul muro delle scale, manoscritti gettati nella spazzatura, persino un martello nel torrente vicino alla casa della nonna di Chiara. Su questi elementi, il pool guidato dal procuratore Fabio Napoleone punta a ricostruire ogni singolo istante di quelle drammatiche ore. «Alberto ha collaborato, ha parlato, ha detto tutto. Non si è parlato delle tre ore prima dell’omicidio. Assolutamente no, perché questa è un’indagine nuova» osserva il magistrato, sottolineando come il filone Pavia intenda esplorare fino in fondo ogni collegamento.
La famiglia Poggi, i vicini, l’intera cittadina attendono risposte definitive. Oggi, le nuove tecnologie forensi permettono di attribuire tracce con una precisione impensabile un ventennio fa. E mentre la scienza avanza, Garlasco spera che si accenda finalmente una luce su quelle tre ore che ancora separano la verità dal silenzio.