
Un rapporto riservato dei servizi segreti francesi ha riacceso il dibattito politico e sociale sull’islamismo politico in Francia, definendo le attività dei Fratelli Musulmani come una “minaccia alla coesione nazionale”. Il documento, consegnato al ministero dell’Interno, descrive una strategia di infiltrazione lenta e dissimulata nella società francese, con l’obiettivo di imporre, gradualmente, la sharia in alcune aree del Paese. A seguito della segnalazione, il presidente Emmanuel Macron ha convocato un Consiglio di difesa all’Eliseo, chiedendo al governo nuove proposte “alla luce della gravità dei fatti”.
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Un’azione lenta e mimetizzata
Secondo il rapporto dell’intelligence francese, i Fratelli Musulmani condurrebbero un’attività di proselitismo “dal basso”, caratterizzata da un linguaggio apparentemente moderato e da una rete di relazioni che si estende nel tessuto sociale. L’obiettivo, secondo il documento, sarebbe la creazione di spazi separati, veri e propri ghetti religiosi, in cui imporre gradualmente norme ispirate alla legge islamica.
Nel mirino c’è anche la Federazione dei Musulmani di Francia, considerata “il braccio” operativo del movimento nel Paese. L’organizzazione ha reagito con una nota ufficiale in cui respinge categoricamente le accuse: “Respingiamo ogni tentativo di associarci a un progetto politico straniero o a una strategia di infiltrazione”.

Le reazioni del mondo politico e religioso
Il Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) ha criticato duramente il contenuto del rapporto, denunciando una “confusione dannosa” per i milioni di cittadini musulmani che vivono nel Paese. La tensione cresce anche a livello politico: Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, ha parlato di una “soglia superata” in termini di islamofobia, mettendo in guardia contro il rischio di stigmatizzare un’intera comunità religiosa.
All’opposto, dall’estrema destra, Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, ha chiesto che i Fratelli Musulmani siano vietati in Francia, invocando anche la revisione della convenzione fiscale con il Qatar, indicato come uno dei principali finanziatori del movimento islamista.

La risposta del governo Macron
Il governo ha già avviato una prima fase di reazione. Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau, recentemente nominato anche leader della destra francese, ha annunciato alcune misure immediate: riorganizzare i servizi segreti sotto la guida di un unico referente, istituire una sezione specifica al ministero per lo scioglimento rapido delle associazioni sospettate di islamismo, e rafforzare la formazione degli enti locali.
A queste si aggiunge una proposta particolarmente controversa del segretario generale del partito presidenziale, Gabriel Attal, già noto per aver promosso il divieto dell’abaya nelle scuole: vietare il velo nello spazio pubblico per le ragazze sotto i quindici anni. Una misura che ha subito suscitato forti discussioni anche all’interno della maggioranza centrista, tra chi la considera una difesa della laicità repubblicana e chi teme una deriva securitaria e discriminatoria.
Un nuovo Consiglio di difesa a giugno
Il clima politico si fa sempre più teso. L’Eliseo ha annunciato che un nuovo Consiglio di difesa si terrà a inizio giugno, nel quale verranno valutate ulteriori misure alla luce delle proposte del ministero e delle reazioni parlamentari. Il governo si trova ora a dover bilanciare la lotta all’estremismo islamico con il rispetto delle libertà religiose, in un contesto in cui la paura del radicalismo rischia di sovrapporsi alla gestione democratica della pluralità culturale.
Il nodo geopolitico e i legami internazionali
Il movimento dei Fratelli Musulmani, fondato in Egitto nel 1928, promuove una visione conservatrice dell’islam politico ed è stato messo al bando in diversi Paesi, tra cui l’Arabia Saudita e, di recente, la Giordania. La complessità delle sue ramificazioni internazionali rende la sua presenza in Europa ancora più delicata, specie in Paesi come la Francia, dove il tema dell’integrazione è storicamente al centro del dibattito politico.
Il nodo cruciale resta quello dell’equilibrio tra sicurezza nazionale e diritti civili, tra il contrasto al radicalismo e la protezione delle minoranze religiose. In una società sempre più plurale, il rischio di criminalizzare l’identità musulmana nel suo complesso è una linea sottile che la politica francese è chiamata a non oltrepassare.