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Cartello appeso sulla porta di un negozio: “Israeliani e sionisti non sono i benvenuti qui”

Pubblicato: 22/05/2025 14:45
Milano cartello ebraico negozio

Un cartello con la scritta in ebraico “Israeliani e sionisti non sono i benvenuti qui” è apparso sulla porta di un esercizio commerciale nel centro di Milano, scatenando indignazione e allarme per un nuovo episodio di antisemitismo. A denunciare l’accaduto è stato Roberto Della Rocca, membro della Camera di commercio israelo-italiana, che ha pubblicato la foto del cartello accompagnandola con un duro commento sulla gravità del gesto e sul clima crescente di intolleranza.
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La denuncia e la riflessione pubblica

Nel suo post, Della Rocca ha sottolineato come certe espressioni di protesta possano essere legittime solo se restano all’interno di un perimetro civile e rispettoso. “Finché c’è la scritta Stop the war con un razzo con la bandiera israeliana e uno con quella palestinese, ci sta”, ha scritto. Ma il cartello redatto in ebraico, secondo Della Rocca, ha un significato profondamente diverso: “È stato scritto così per non dare nell’occhio, ed è frutto di mala fede o acefalia”.

Nella sua riflessione, il rappresentante della comunità economica israelo-italiana ha posto interrogativi dirompenti: “Io sono israeliano, io sono sionista… quindi non posso entrare? Perché? Faccio parte di questo governo? Ho ucciso bambini? Abito in una colonia? No. E allora?”. Il riferimento al sionismo come movimento di autodeterminazione di un popolo perseguitato, secondo Della Rocca, non può essere liquidato con generalizzazioni o forme di esclusione.

Con tono provocatorio, ha poi ipotizzato un’inversione dei ruoli: “Domani metterò un cartello all’ingresso del mio palazzo: Italiani non sono benvenuti, perché sono mafia, camorra, razzisti, assassini. Ma quelli non rappresentano tutto il Paese. Ahhh, ho capito”.

La reazione delle istituzioni

L’episodio ha trovato risonanza anche in ambito istituzionale. Daniele Nahum, consigliere comunale milanese di Azione, ha parlato apertamente di un’escalation preoccupante. “Serve una grande mobilitazione nazionale contro l’antisemitismo”, ha dichiarato, collegando il gesto di Milano al clima d’odio generato da slogan e atti sempre più diffusi.

Secondo Nahum, l’attentato terroristico avvenuto di recente negli Stati Uniti al grido di Palestina libera potrebbe “benissimo replicarsi anche in Italia”, se non si pone un freno all’attuale deriva. “Lo dico da tempo: questo clima di tensione, che ha ormai sdoganato l’utilizzo di termini che fomentano l’odio antiebraico, porta poi ad appendere in un negozio di Milano un cartello come quello segnalato da Della Rocca”.

Antisemitismo, una minaccia concreta e crescente

Il caso milanese si inserisce in un contesto europeo e internazionale in cui il conflitto israelo-palestinese ha acuito divisioni e alimentato sentimenti di odio trasversale. Sempre più spesso, però, le tensioni si traducono in gesti discriminatori contro persone e comunità che nulla hanno a che vedere con le decisioni politiche di un governo.

“A prescindere dalle valutazioni che ognuno di noi può dare sul conflitto mediorientale – ha proseguito Nahum –, si sta facendo passare il concetto che slogan, insulti e aggressioni fisiche contro gli ebrei siano ammissibili. La situazione è andata fuori controllo, e la società e le istituzioni devono dare una risposta forte e chiara”.

Il confine tra dissenso politico e discriminazione

Il dibattito generato dal cartello solleva interrogativi delicati su libertà di espressione, diritti civili e limiti del dissenso. È possibile criticare la politica di uno Stato senza colpire la dignità di un’intera popolazione? Quando la protesta politica si trasforma in discriminazione razziale o religiosa?

Nel caso specifico, la scelta di utilizzare l’ebraico per escludere israeliani e sionisti suggerisce secondo qualcuno l’intenzione di mascherare un messaggio di odio selettivo, mantenendo al contempo la leggibilità per un pubblico mirato. Una forma subdola e pericolosa di esclusione, che finisce per criminalizzare l’identità e la storia di chi è già bersaglio di pregiudizi millenari, dicono i critici.

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