
Ha il passo di chi vuole restare invisibile. Cammina in silenzio tra i corridoi di un centro commerciale, dietro il bancone di un negozio di telefonia, spostandosi da una sede all’altra per evitare l’assedio mediatico. Non è facile condurre una vita normale quando su di te ricade l’ombra lunga di un omicidio irrisolto. Non lo è mai stato. E oggi, dopo 18 anni, per Andrea Sempio, lo è ancora meno.
Sempio è nuovamente indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, la 26enne di Garlasco uccisa nel 2007. Una vicenda che sembrava aver trovato un colpevole in Alberto Stasi, condannato in via definitiva. E invece no: oggi si torna a parlare di un’impronta — la famosa papillare 33 — e di nuovi reperti, nuovi dubbi, nuove ipotesi. E il nome che riaffiora, con violenza, è il suo.
A raccontare la quotidianità blindata del giovane è la sua avvocata e amica, Angela Taccia. “Le sue giornate sono un inferno”, dice al Corriere della Sera. Andrea lavora come commesso in un punto vendita Wind 3 di Montebello della Battaglia, ma negli ultimi giorni ha dovuto spostarsi continuamente tra Voghera, Pavia, Vigevano e Garlasco. Non per scelta, ma per necessità. L’attenzione è diventata così soffocante che i suoi superiori lo hanno avvertito: se continua così, perdi il lavoro. Così chiede di cambiare sede, di confondersi altrove. Un tentativo di sopravvivere.
Un episodio emblematico? La visita inaspettata di Fabrizio Corona. “Andrea mi ha chiamata terrorizzato: ‘È entrato nel negozio e ha iniziato a urlare’, mi ha detto. Le guardie l’hanno nascosto in uno sgabuzzino”, racconta l’avvocata. “È stato anche inseguito in auto. Siamo alla follia”.
Gentilezza o maschera?
Chi lo conosce parla di lui come di una persona mite, pacata. “Lo chiamavamo Gandhi, era il paciere della comitiva”, racconta ancora la legale. Ma per i suoi accusatori, questa gentilezza sarebbe solo una forma raffinata di controllo emotivo. Un’arma per mascherare. Una calma che inquieta.
Come passa le sue giornate? Sveglia presto, meditazione, yoga, cura delle piante grasse, lavoro. Poi una passeggiata in campagna, una doccia, la lettura. Nessuna tv, solo qualche film su pc. Non ha una fidanzata, vede poco anche gli amici: “Non vuole metterli in difficoltà”, spiega Taccia.
La vita sociale è congelata, come sospesa. Il Santuario della Bozzola — entrato nel caso con la pista sulle ricerche di Chiara sulla pedofilia — per lui è un luogo mai visitato. E quel biglietto, dove avrebbe scritto di aver fatto “cose brutte, inimmaginabili”? “Andrea scrive un diario — precisa l’avvocata — nei momenti bui è il suo unico sfogo. Ma l’impronta, se è di sangue, non può essere sua. Lo dice con fermezza”.
Nel frattempo, la verità continua a sfuggire, mentre le indagini si allungano come l’ombra di un crimine senza fine. E chi è ancora solo un nome sul registro degli indagati, cerca ogni giorno di vivere. Senza farsi vedere.